sabato 10 novembre 2012

Democrazia elettorale



Bisognerebbe sempre tenere a mente che la Costituzione di questo Paese prevede una democrazia parlamentare basata su di un Parlamento espressione delle diverse articolazioni, espressioni, della popolazione e dell’elettorato. Un Parlamento che esprime le maggioranze capaci di sostenere un Governo ed un presidente della Repubblica che svolge la funzione di arbitro tra le forze parlamentari nell’assegnare l’incarico al presidente del Consiglio. Un presidente del Consiglio incaricato che ha bisogno del voto di fiducia del parlamento per entrare nel pieno delle funzioni.
Bisognerebbe anche ricordare che se la Costituzione non regola il sistema elettorale, lasciando tale funzione al legislatore ordinario, risulta da innumerevoli “indizi” il favore dei Costituenti per un sistema proporzionale.
La cattiva prova dei sistemi elettorali basati sui collegi uninominali (con i candidati paracadutati) e le liste bloccate (con i portaborse cooptati) e l’indicazione (con il Porcellum) del leader della coalizione-candidato alla presidenza del Consiglio, dimostra come si voglia stravolgere per via ordinaria principi fondamentali dell’assetto costituzionale vigente, mettendo da parte la naturale opzione dei costituenti per sistemi elettorali che attuino il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini: un cittadino, un voto, una (quota di) rappresentanza in parlamento.
Altrove, i sistemi elettorali (veramente) maggioritari sono nati con vocazioni diverse da quella espressa dalla Costituzione italiana. I sistemi maggioritari, con le diverse formule, ma comunque basati su di una scelta secca che riduce la competizione a due sole opzioni, rispecchiano una volontà oligarchica, ovvero la preoccupazione di risolvere la contesa politica tra i maggiorenti della popolazione, cioè quelli che già detengono il potere politico ed i mezzi economici capaci di influenzare scelte di massa. Esperienza che da noi si ebbe in maniera netta con il notabilato dei primi decenni postunitari. Quelli che esprimono opzioni diverse o non sono attratti dalle offerte politiche dei ceti governanti vengono tenuti ai margini della vita politica, sono irrilevanti.
La discussione di questi giorni, in Italia, ancora sul sistema elettorale, dopo l’ubriacatura quadriennale del voto in Usa, dimostra ancora una volta l’indole furbesca di tanti che vogliono imitare i sistemi maggioritari, questa volta con premi di maggioranza che non servono per fare vere maggioranze parlamentari.
Mentre con il Porcellum si accontentava la lega con la soglia di sbarramento (alta e da considerare per singola regione) per il Senato, oggi si discute di assegnare premi di maggioranza al primo partito, senza avere alcuna garanzia che il premio sia sufficiente per costituire una maggioranza parlamentare.
In America il maggioritario appare come un duello da western, qui il maggioritario assomiglia al gioco delle tre carte. Lì serve per formare vere maggioranze di governo, qui serve per accontentare il potente di turno.
Il giurista Hans Kelsen affermava«il sistema della rappresentanza proporzionale costituisce la maggiore approssimazione possibile all’ideale dell’autodeterminazione in una democrazia rappresentativa, e quindi il sistema elettorale più democratico».
Bisognerebbe ritornare ai fondamentali, piuttosto che fare gli americani a metà.



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