Bisognerebbe
sempre tenere a mente che la Costituzione di questo Paese prevede una democrazia
parlamentare basata su di un Parlamento espressione delle diverse
articolazioni, espressioni, della popolazione e dell’elettorato. Un Parlamento
che esprime le maggioranze capaci di sostenere un Governo ed un presidente
della Repubblica che svolge la funzione di arbitro tra le forze parlamentari
nell’assegnare l’incarico al presidente del Consiglio. Un presidente del
Consiglio incaricato che ha bisogno del voto di fiducia del parlamento per
entrare nel pieno delle funzioni.
Bisognerebbe
anche ricordare che se la Costituzione non regola il sistema elettorale, lasciando
tale funzione al legislatore ordinario, risulta da innumerevoli “indizi” il
favore dei Costituenti per un sistema proporzionale.
La cattiva
prova dei sistemi elettorali basati sui collegi uninominali (con i candidati paracadutati)
e le liste bloccate (con i portaborse cooptati) e l’indicazione (con il
Porcellum) del leader della coalizione-candidato alla presidenza del Consiglio,
dimostra come si voglia stravolgere per via ordinaria principi fondamentali
dell’assetto costituzionale vigente, mettendo da parte la naturale opzione dei
costituenti per sistemi elettorali che attuino il principio di uguaglianza tra
tutti i cittadini: un cittadino, un voto, una (quota di) rappresentanza in
parlamento.
Altrove, i
sistemi elettorali (veramente) maggioritari sono nati con vocazioni diverse da
quella espressa dalla Costituzione italiana. I sistemi maggioritari, con le
diverse formule, ma comunque basati su di una scelta secca che riduce la
competizione a due sole opzioni, rispecchiano una volontà oligarchica, ovvero
la preoccupazione di risolvere la contesa politica tra i maggiorenti della
popolazione, cioè quelli che già detengono il potere politico ed i mezzi
economici capaci di influenzare scelte di massa. Esperienza che da noi si ebbe
in maniera netta con il notabilato dei primi decenni postunitari. Quelli che
esprimono opzioni diverse o non sono attratti dalle offerte politiche dei ceti
governanti vengono tenuti ai margini della vita politica, sono irrilevanti.
La
discussione di questi giorni, in Italia, ancora sul sistema elettorale, dopo l’ubriacatura
quadriennale del voto in Usa, dimostra ancora una volta l’indole furbesca di
tanti che vogliono imitare i sistemi maggioritari, questa volta con premi di
maggioranza che non servono per fare vere maggioranze parlamentari.
Mentre con
il Porcellum si accontentava la lega con la soglia di sbarramento (alta e da
considerare per singola regione) per il Senato, oggi si discute di assegnare
premi di maggioranza al primo partito, senza avere alcuna garanzia che il
premio sia sufficiente per costituire una maggioranza parlamentare.
In America il
maggioritario appare come un duello da western, qui il maggioritario assomiglia
al gioco delle tre carte. Lì serve per formare vere maggioranze di governo, qui
serve per accontentare il potente di turno.
Il giurista
Hans Kelsen affermava«il
sistema della rappresentanza proporzionale costituisce la maggiore
approssimazione possibile all’ideale dell’autodeterminazione in una democrazia
rappresentativa, e quindi il sistema elettorale più democratico».
Bisognerebbe
ritornare ai fondamentali, piuttosto che fare gli americani a metà.
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