sabato 3 novembre 2012

San Tommaso e la Tirannia



Il docente precario che si è ucciso a Casandrino, vicino a Napoli, di chi è vittima?
Non è il primo e non sarà l’ultimo a porre termine ad una vita priva di certezze e di prospettive dignitose, quello che colpisce però è il contesto territoriale e culturale in cui avviene il gesto estremo.
Mentre si susseguono iniziative, ampiamente condivise da tutti e dalle autorità, per sottolineare la presenza di delinquenza diffusa od organizzata, stenta a crescere in quest’area la percezione delle cause delle emarginazioni, delle sofferenze, che vivono milioni di persone.
Anche la Chiesa, con tanti noti esponenti, sacerdoti, laici, è impegnata come altre organizzazioni sociali a combattere il crimine organizzato che toglie spazio ad un possibile sviluppo economico e ad una esistenza dignitosa per tanti cittadini. Manca però in tutto questo chi si interroghi sulle ragioni per cui una persona normale pone fine alla propria esistenza per ragioni non attualmente “apprezzabili”. Non “apprezzabili” perché il loro esame risulta difficile da accettare, perché pone interrogativi fondamentali sul modo in cui si governa l’economia e la società.
Chi è colpevole della morte prematura del docente precario e della sofferenza di tanti che non hanno lavoro, reddito sufficiente, prospettive di vita dignitosa?
Nella terra della delinquenza organizzata è colpa dei soliti noti, per i quali tutti siamo d’accordo a prevedere strumenti repressivi sempre più duri? O bisogna guardare altrove?
All’inizio della crisi e con i primi provvedimenti composti da maggiori tasse, tagli, abbiamo colto la gravità della crisi e ci è stato detto che occorreva, occorre, fare sacrifici. Tra allungamento dell’età pensionabile, blocco degli aumenti contrattuali, tagli agli organici delle amministrazioni, riforma dell’articolo 18, abbiamo colto, ancora una volta, resistenze esposte in maniera cruda e violenta da parte della dirigenza pubblica ad accettare tagli (il 5%) sui mega stipendi delle alte burocrazie. Stipendi che con la crisi in corso non hanno ragione e che hanno radice in quel verminaio di corruzione (legalizzata) nato a metà degli anni ’90, che viene alla luce di giorno in giorno con i vari scandali giudiziari. I dirigenti dello Stato minacciarono di bloccare le attività pubbliche (“sappiamo come fermare le procedure” dissero). Più modestamente lor signori si sono rivolti ai Tribunali e alla Corte costituzionale. Hanno ottenuto “ragione”: non si fa, viola diritti acquisiti! 
Diritti acquisiti. 
Cosa vai a spiegare al docente precario di cinquant’anni che vive in uno Stato dove chi lo comanda (le Autorità), chi costituisce classe dirigente, ha diritti acquisiti che non vanno toccati!
Mente la Corte costituzionale tedesca assicura l’interesse nazionale rispetto agli impegni economici europei, qui da noi la Corte assicura i “diritti acquisiti” dei Mandarini di Stato. Ecco una bella differenza tra Germania e Italia.
Il bello, anzi la cosa tragica, è che di fronte ad avvenimenti di questo genere offerti dalle Autorità, nulla succede, nessuna dimostrazione di protesta, silenzio della politica, delle organizzazioni sociali… dei sindacati. Nemmeno una fiaccolata di protesta.
Qui Autorità in colletti bianchi e Fiorito si danno la mano, c’è poco da fare differenze. Si pone un problema di legittimazione sostanziale ad esercitare i poteri, quando si valicano i limiti della decenza e ci si può aspettare di tutto. E’ lecito chiedersi se certa delinquenza non tragga giustificazione da un certo modo di vivere e governare di certa classe dirigente di questo Paese. Domanda politicamente scorretta? Chissà! 
Nel frattempo altri si suicidano.
Mentre continuano le fiaccolate per la legalità, condotte da venerabili sacerdoti, spiriti laici e liberi, sarebbe il caso di rileggere le parole di San Tommaso circa la tirannia e della liceità di opporre resistenza alla tirannia.

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