mercoledì 28 novembre 2012

Rileggere F. De Sanctis



Carissimo Francovitale (ricordo che così ti piaceva firmare qualche articolo su “Il Paese”) convengo con te sulle cose che scrivi e, da ultimo, sulla “atonia” di tanti in merito al degrado che ci circonda. A questo punto però conviene lasciare la parola ai classici. Meglio rileggere Francesco De Sanctis che scrisse parole insuperabili già un secolo e mezzo fa  ("La società civile non c’è. Pensa solo ai fatti suoi", da, L’educazione politica, in “Il Diritto”, 11 giugno 1877):
“La fiacchezza di carattere, la codardia morale, la sfrontata menzogna, la dissimulazione dei proprii fini, costituiscono un’atmosfera equivoca da demi-monde, nella quale si putrefà questa mezza coltura. Partiti politici non possono esistere, dove si tiene in saccoccia due o tre bandiere, pronti a mostrar questa o quella secondo il bisogno. Sento già dire conservatori progressisti o progressisti conservatori, e anche moderati progressisti. Sono vergogne, quando non siano ingenuità dell’ignoranza. La confusione dei vocaboli attesta la confusione delle coscienze, via aperta alla corruttela politica. In luogo di alzare la moltitudine a noi, scendiamo noi a quella, e le rubiamo la sua politica di campanile e facciamo politica regionale, provinciale e comunale. I bassi fondi salgono su, e comunicano la loro aria da trivio alle più alte regioni. I più arditi prendono aria di bravi; i più accorti scambiano l’arte di Stato con la furberia e l’intrigo.
Cosa è la politica? Politica è farsi gli amici e gli alleati, vantare protezioni e relazioni, parlare a mezza bocca, congiungere l’intimidazione con la ciarlataneria. Politica istintiva della mediocrità e dell’ignoranza, che si pratica benissimo fino ne’ più umili villaggi, da chi vuol essere sindaco o almeno consigliere comunale. In mezzo a queste piccolezze, il paese lavora e produce e progredisce, e alza le spalle e non vuol saperne di politica, e pronto a fare il suo dovere, lascia soli gli attori assistendo al più a quegli spettacoli che abbiano luce di curiosità o di novità.
Forse il mio quadro è un po’ fosco, e certo non corrisponde così appuntino a tutta l’Italia. Forse il male è men grave che a me non pare. Ma, piccolo o grande, il male c’è, e il primo metodo di cura è riconoscerlo francamente.”
Da parte mia posso solo aggiungere che la situazione, da allora, si è aggravata perché non trovo riferimenti positivi in chi per censo, cultura o autorità dovrebbe dare esempi positivi.
Le nostre classi dirigenti, a tutti i livelli, stanno mostrando il peggio proprio in presenza di una crisi economica (e non solo) grave e devastante. Sono tutti aggrappati ai privilegi.
Chi non è capace di sacrifici non può dare ordini o condannare altri.
Mancano vere autorità morali e dunque gli altri si arrangiano.

lunedì 19 novembre 2012

Attenzione alle virgolette




Da (Huffington Post- fonte politicamente corretta) “A Gaza è necessaria una "soluzione definitiva": "radere al suolo l'intera città". Lo ha scritto il figlio dell'ex primo ministro israeliano Ariel Sharon, Gilad Sharon, in un editoriale pubblicato ieri sul Jerusalem Post. "E' necessaria una conclusione decisiva", ribadisce.”
Le tante virgolette possono confondere, ma, come si dice, meglio abbondare. La Questione (anche questa parola è fatale) non cambia di molto, perché il figlio di Ariel(eroe di Sabra e Shatila) si esprime (inconsapevolmente) bene ( o male). Tra “soluzione definitiva” e “soluzione decisiva” il richiamo a precedenti storici è facile (e macabro). Il giovane Sharon forse non ricorda o non ha studiato bene la storia, mettiamola così.
Però, a parte la preparazione in storia, il medesimo si esprime compiutamente, infatti continua: "Gli abitanti di Gaza non sono innocenti, sono loro ad aver eletto Hamas. La popolazione di Gaza non è in ostaggio, hanno scelto liberamente e ora devono vivere con le conseguenze delle loro scelte". Ecco, qui raggiunge perle di saggezza storica, perché richiama la tecnica militare dell’assedio di città, tante volte usato in passato e soprattutto richiama sul piano giuridico l’antico (veterotestamentario) concetto di colpa collettiva: ovvero vanno eliminati gli interi popoli e non il solo che commette reati.
Quando si dice il progresso dell’umanità…..
Per finire (nel silenzio di Huffington Post) il giovanotto aggiunge: "Dobbiamo radere al suolo interi quartieri a Gaza". Anzi, "radere al suolo tutta Gaza". "Gli americani non si sono fermati con Hiroshima, i giapponesi non si stavano arrendendo abbastanza velocemente, così hanno colpito anche Nagasaki".
“Annamo bene”…..direbbero a Roma.

sabato 10 novembre 2012

Democrazia elettorale



Bisognerebbe sempre tenere a mente che la Costituzione di questo Paese prevede una democrazia parlamentare basata su di un Parlamento espressione delle diverse articolazioni, espressioni, della popolazione e dell’elettorato. Un Parlamento che esprime le maggioranze capaci di sostenere un Governo ed un presidente della Repubblica che svolge la funzione di arbitro tra le forze parlamentari nell’assegnare l’incarico al presidente del Consiglio. Un presidente del Consiglio incaricato che ha bisogno del voto di fiducia del parlamento per entrare nel pieno delle funzioni.
Bisognerebbe anche ricordare che se la Costituzione non regola il sistema elettorale, lasciando tale funzione al legislatore ordinario, risulta da innumerevoli “indizi” il favore dei Costituenti per un sistema proporzionale.
La cattiva prova dei sistemi elettorali basati sui collegi uninominali (con i candidati paracadutati) e le liste bloccate (con i portaborse cooptati) e l’indicazione (con il Porcellum) del leader della coalizione-candidato alla presidenza del Consiglio, dimostra come si voglia stravolgere per via ordinaria principi fondamentali dell’assetto costituzionale vigente, mettendo da parte la naturale opzione dei costituenti per sistemi elettorali che attuino il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini: un cittadino, un voto, una (quota di) rappresentanza in parlamento.
Altrove, i sistemi elettorali (veramente) maggioritari sono nati con vocazioni diverse da quella espressa dalla Costituzione italiana. I sistemi maggioritari, con le diverse formule, ma comunque basati su di una scelta secca che riduce la competizione a due sole opzioni, rispecchiano una volontà oligarchica, ovvero la preoccupazione di risolvere la contesa politica tra i maggiorenti della popolazione, cioè quelli che già detengono il potere politico ed i mezzi economici capaci di influenzare scelte di massa. Esperienza che da noi si ebbe in maniera netta con il notabilato dei primi decenni postunitari. Quelli che esprimono opzioni diverse o non sono attratti dalle offerte politiche dei ceti governanti vengono tenuti ai margini della vita politica, sono irrilevanti.
La discussione di questi giorni, in Italia, ancora sul sistema elettorale, dopo l’ubriacatura quadriennale del voto in Usa, dimostra ancora una volta l’indole furbesca di tanti che vogliono imitare i sistemi maggioritari, questa volta con premi di maggioranza che non servono per fare vere maggioranze parlamentari.
Mentre con il Porcellum si accontentava la lega con la soglia di sbarramento (alta e da considerare per singola regione) per il Senato, oggi si discute di assegnare premi di maggioranza al primo partito, senza avere alcuna garanzia che il premio sia sufficiente per costituire una maggioranza parlamentare.
In America il maggioritario appare come un duello da western, qui il maggioritario assomiglia al gioco delle tre carte. Lì serve per formare vere maggioranze di governo, qui serve per accontentare il potente di turno.
Il giurista Hans Kelsen affermava«il sistema della rappresentanza proporzionale costituisce la maggiore approssimazione possibile all’ideale dell’autodeterminazione in una democrazia rappresentativa, e quindi il sistema elettorale più democratico».
Bisognerebbe ritornare ai fondamentali, piuttosto che fare gli americani a metà.



sabato 3 novembre 2012

San Tommaso e la Tirannia



Il docente precario che si è ucciso a Casandrino, vicino a Napoli, di chi è vittima?
Non è il primo e non sarà l’ultimo a porre termine ad una vita priva di certezze e di prospettive dignitose, quello che colpisce però è il contesto territoriale e culturale in cui avviene il gesto estremo.
Mentre si susseguono iniziative, ampiamente condivise da tutti e dalle autorità, per sottolineare la presenza di delinquenza diffusa od organizzata, stenta a crescere in quest’area la percezione delle cause delle emarginazioni, delle sofferenze, che vivono milioni di persone.
Anche la Chiesa, con tanti noti esponenti, sacerdoti, laici, è impegnata come altre organizzazioni sociali a combattere il crimine organizzato che toglie spazio ad un possibile sviluppo economico e ad una esistenza dignitosa per tanti cittadini. Manca però in tutto questo chi si interroghi sulle ragioni per cui una persona normale pone fine alla propria esistenza per ragioni non attualmente “apprezzabili”. Non “apprezzabili” perché il loro esame risulta difficile da accettare, perché pone interrogativi fondamentali sul modo in cui si governa l’economia e la società.
Chi è colpevole della morte prematura del docente precario e della sofferenza di tanti che non hanno lavoro, reddito sufficiente, prospettive di vita dignitosa?
Nella terra della delinquenza organizzata è colpa dei soliti noti, per i quali tutti siamo d’accordo a prevedere strumenti repressivi sempre più duri? O bisogna guardare altrove?
All’inizio della crisi e con i primi provvedimenti composti da maggiori tasse, tagli, abbiamo colto la gravità della crisi e ci è stato detto che occorreva, occorre, fare sacrifici. Tra allungamento dell’età pensionabile, blocco degli aumenti contrattuali, tagli agli organici delle amministrazioni, riforma dell’articolo 18, abbiamo colto, ancora una volta, resistenze esposte in maniera cruda e violenta da parte della dirigenza pubblica ad accettare tagli (il 5%) sui mega stipendi delle alte burocrazie. Stipendi che con la crisi in corso non hanno ragione e che hanno radice in quel verminaio di corruzione (legalizzata) nato a metà degli anni ’90, che viene alla luce di giorno in giorno con i vari scandali giudiziari. I dirigenti dello Stato minacciarono di bloccare le attività pubbliche (“sappiamo come fermare le procedure” dissero). Più modestamente lor signori si sono rivolti ai Tribunali e alla Corte costituzionale. Hanno ottenuto “ragione”: non si fa, viola diritti acquisiti! 
Diritti acquisiti. 
Cosa vai a spiegare al docente precario di cinquant’anni che vive in uno Stato dove chi lo comanda (le Autorità), chi costituisce classe dirigente, ha diritti acquisiti che non vanno toccati!
Mente la Corte costituzionale tedesca assicura l’interesse nazionale rispetto agli impegni economici europei, qui da noi la Corte assicura i “diritti acquisiti” dei Mandarini di Stato. Ecco una bella differenza tra Germania e Italia.
Il bello, anzi la cosa tragica, è che di fronte ad avvenimenti di questo genere offerti dalle Autorità, nulla succede, nessuna dimostrazione di protesta, silenzio della politica, delle organizzazioni sociali… dei sindacati. Nemmeno una fiaccolata di protesta.
Qui Autorità in colletti bianchi e Fiorito si danno la mano, c’è poco da fare differenze. Si pone un problema di legittimazione sostanziale ad esercitare i poteri, quando si valicano i limiti della decenza e ci si può aspettare di tutto. E’ lecito chiedersi se certa delinquenza non tragga giustificazione da un certo modo di vivere e governare di certa classe dirigente di questo Paese. Domanda politicamente scorretta? Chissà! 
Nel frattempo altri si suicidano.
Mentre continuano le fiaccolate per la legalità, condotte da venerabili sacerdoti, spiriti laici e liberi, sarebbe il caso di rileggere le parole di San Tommaso circa la tirannia e della liceità di opporre resistenza alla tirannia.