
La lettera del duo Trichet-Draghi inviata il 5 agosto al Governo italiano chiarisce bene la posta in gioco. Chiarisce non solo il merito e dunque ciò che i banchieri europei pretendono dall’Italia e dagli altri Paesi via via incappati nella crisi finanziaria, chiarisce altresì quali sono i rapporti di forza, veri, tra organismi sovranazionali (non sono quelli europei) e quelli nazionali, al punto che chiunque, finalmente, svegliatosi dal sonno, può comprendere quello che è stato costruito negli ultimi decenni con i vari trattati,nemmeno sottoposti, come in Italia, a consultazioni popolari.
Per chi ancora richiama le volontà dei fondatori dell’Europa organizzata, conviene ricordare che quello che vollero De Gasperi, Adenauer ed altri era qualcosa di più limitato e più efficace, ovvero la messa in comune di risorse minerarie, di produzione di energia e di regole commerciali.
Chi pensava di trovare una ventata di modernità e di progresso nelle politiche degli organismi europei potrà chiarirsi le idee. L’Europa lavora molto per concedere le cosiddette libertà individuali, quelle per intenderci a costo zero e che corrispondono agli sfizi già presenti nelle elite culturali ed economiche, ma quando si tratta di denaro sanno farsi i conti e dunque c’è poco da fare. Per pensioni e norme sui rapporti di lavoro, stipendi pubblici e privati, i signori banchieri hanno le idee chiare, sanno chi deve fare passi indietro e certamente non hanno alcuna preoccupazione di indicare una politica fiscale che abbia una valenza redistributiva capace di equilibrare gli enormi profitti di alcuni con le ristrettezze di molti impoveriti.
Ovviamente quando richiamano la necessità di abbassare i costi della pubblica amministrazione c’è poco da obiettare, visto che ogni giorno ormai abbiamo esempi piccoli e grandi di ruberie e sprechi.
Eppure sarebbe il caso di suggerire ai banchieri europei di rivedere loro stessi certe procedure di spesa che non solo risultano lente, ma, addirittura, incomprensibili rispetto agli obiettivi che intendono raggiungere.
La maggior parte dell’Iva incassata in Italia (vale anche per gli altri Paesi) prende la strada dell’Europa e si tratta d ingenti risorse. Ora, non si capisce perché questi soldi dovrebbero fare un giro così largo passando dal contribuente alle casse nazionali, per passare a quelle di Bruxelles, per ritornare in patria, dopo anni, in forma di finanziamento per costruire una palestra in una scuola o un capannone .
Risulta che in Italia vi sono capacità e competenze per costruire una scuola e il percorso di spesa sarebbe certamente più celere per giungere all’obiettivo prefissato. Non si capisce se tutto questo avviene solo per ottenere una targa sulle pareti di una scuola, così come non si capisce perché elargire ingenti somme per costruire capannoni, ancora oggi quando vi sono intere aree industriali inattive vista la crisi in corso. Sarebbe più facile per la verità far risparmiare le tasse all’imprenditore perché se lo costruisca lui il capannone, ma questa è un’altra storia.
Vi è evidentemente un bisogno di centralizzazione da parte degli organismi europei che non trova oggi giustificazione, quando si parla sempre più di federalismo e di sussidiarietà. Ovviamente viene a galla il cattivo pensiero e cioè che le sedi europee, come si sa, sono circondate da palazzi che ospitano associazioni di categorie e lobby e dunque sussiste l’ambiente giusto per pratiche di scambio. Nello steso senso si sa che, al di là di certe arretratezze che pure esistono, la indicazione, pure posta nella lettera di Trichet-Draghi, di liberalizzare gli ordini professionali va incontro agli appetiti di grossi soggetti finanziari che non vedono l’ora di inserirsi in settori tradizionalmente affidati a persone fisiche. Ovviamente molti pensano che questa riforma, così incisivamente chiesta, sia a vantaggio dei giovani professionisti…pura illusione.
Il meglio che si possa leggere in fatto di politiche europee per lo sviluppo lo si può trovare in campo scolastico dove con i famosi Pon(insegnamenti scolastici complementari) si finanziano corsi a gogò per insegnanti già di ruolo, mentre tanti precari attendono una stabilizzazione. Si tratta di risorse ingenti. Vale la pena di leggere anche i titoli di questi corsi. Spesso ce ne sono di quelli intitolati:”Ballando sotto le stelle”, lezioni di ballo…per genitori. Attenzione c’è anche il Pon che assume babysitter, perché ovviamente bisogna sorvegliare i bambini mentre i genitori imparano a ballare. Altro che “fabbrica delle veline” di qualche anno fa!
Così vanno le cose sotto il dominio riformatore dei banchieri europei, ci fanno ballare…in tutti sensi.
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