
Non per fare il guastafeste, ma è meglio dire adesso di certe impressioni, sperando ovviamente di essere smentito.
Dopo la sbornia elettorale con le sue molteplici chiavi d’interpretazione e che ha visto l’affermazione degli outsiders De Magistris e Pisapia, siamo ad un momento fondamentale. Domenica e lunedì, per i referendum, scopriremo veramente di che pasta è fatto il Pd, Partito democratico, e se oltre il colore e la bandiera vi è qualcosa, ai suoi livelli dirigenti, che faccia riferimento ai valori declamati da ogni entusiasta militante di quella parte politica.
La mia sensazione è che Bersani ed altri hanno obtorto collo pronunciato il favore per i 4 sì ma avvertono la difficoltà di impegnarsi veramente su quei temi. C’è l’impressione di una scarsa partecipazione e di uno scarso impegno sui temi referendari, soprattutto sull’acqua, ma anche per quello relativo al nucleare.
Le ragioni sono evidenti. La questione acqua non è solo una grande questione sulla quale sono puntati interessi di imprese e di ambienti delle burocrazie politiche, è proprio il quesito privatizzazione sì - privatizzazione no a creare problemi al Partito democratico. Le privatizzazioni sono il sale della politica europea, rispetto alla quale mai c’è stato un segnale di riflessione da parte dei leader del Pd.
Per chi avesse dimenticato, ricordo che la nascita di quel partito è stata imposta da Prodi nel pieno della fase di privatizzazioni che venivano adottate a tutto spiano negli anni passati dal centro sinistra al governo. Dire oggi, domenica, un no (sostanziale) ad un processo di privatizzazione con enormi ricadute economiche significa contraddire la ragione sociale di quel Partito, significa rinnegare rapporti, attese, alleanze, significa in altri termini una svolta in materia di politica economica così come determinata in questo Paese da 15 anni.
I segnali ci sono tutti, basta seguire un po’ di rassegna stampa e le dichiarazioni di tanti esponenti politici per capire che l’appuntamento con i referendum sta creando enormi mal di pancia.
Se (ma spero di no) il risultato sarà negativo sarà ancora più evidente il mutamento culturale e politico che caratterizza la sinistra maggioritaria in questo Paese e la comune attenzione di tanta parte del ceto politico nazionale (di ogni colore) a servire gli interessi e i desideri del mondo economico.
Spero invece che la novità delle ultime elezioni comunali dove sono emerse decisioni e convergenze non perfettamente riconducibili ai principali partiti politici possa ripetersi nell’occasione dei referendum. Sarebbe il segnale evidente che dopo tutto tanta gente non si è assuefatta al Pensiero unico che domina le sorti della politica di questo Paese.
La situazione di crisi che attraversa l’Italia rende normale e doverosa una manifestazione di dissenso rispetto allo stato presente. Meglio un voto che i forconi.
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