martedì 31 maggio 2011

Elezioni e "osservazioni"



A Milano e a Napoli hanno vinto gli outsiders, quelli che non dovevano vincere perché non indicati a vincere o perché impostisi alle aree partitiche organizzate. Hanno vinto altresì i moderati che non trovavano (più) corrispondenza nel berlusconismo o leghismo che ad onta del tempo che passa mai hanno compiuto quelle riforme che hanno fin dal primo momento promesso. Quando persone come Piero Bassetti (a Milano) e Antonio d’Amato (a Napoli) in maniera aperta, pubblica, attaccano il candidato del centrodestra significa che evidentemente una buona parte del ceto produttivo non ne può più e confida anche nell’uomo nuovo, pur di cambiare pagina.
Le elezioni appena celebrate dimostrano che il cambio di sistema che ormai riguarda questo Paese, a partire dall’organizzazione della politica, è ormai avanzato e non basteranno i prossimi “comitati centrali” dei partiti che si terranno nei prossimi giorni a ristabilire collocazioni, gradi e gerarchie. Si può osare anche a dispetto degli apparati di partito (De Magistris si è scontrato anche con Di Pietro!) e dunque i riti d’interpretazione che in questi giorni tengono i leaders politici nazionali sono solo aria fritta. E non potrebbe che essere così, dato che il problema da molti avvertito, con molti rimpianti, di una mancanza di protagonismo delle forme tradizionali di organizzazione politica non dipende (solo) dalla qualità degli uomini, ma dalla vera assenza di piattaforme, di culture, capaci di dare identità politica certa e significativa in un mondo dove sulle grandi questioni c’è un’ampia e conforme convergenza.
Non dico che i sindaci di Milano e Napoli potranno solo regolare gli orari dei tram (sarebbe estremamente riduttivo) ma è chiaro che sulle questioni fondamentali di politica estera ed economica non potranno incidere più di tanto. Pisapia avrà da affrontare gli esiti dei contratti relativi all’Expo, dove le mandibole affamate degli immobiliaristi ormai avvezzi all’”urbanistica contrattata” aspettano il loro ritorno di utili. De Magistris avrà da contrattare con le caste che rendono il sistema rifiuti ingovernabile. Tutto però in un quadro di regole che rendono le amministrazioni pubbliche serventi rispetto agli interessi forti. Insomma qui oltre alla moschea non ci saranno grandi novità rispetto allo sfascio che c'è in giro.
Oggi il Governatore della Banca d’Italia ha tenuto le ultime “osservazioni finali” e non mi sembra che sia andato oltre le solite disamine della situazione economica corrente e oltre le solite ricette e tutti i partecipanti all’assemblea (di ogni colore politico) hanno battuto le mani.
Ecco dove si decidono le vere questioni e da lì bisognerebbe ripartire per dare una svolta a questo Paese, affrontando le grandi questioni con un’idea di società, che al momento i partiti non hanno ed è solo per questa ragione che si è avuta la mescola del voto in questo turno elettorale.
A questo punto ben vengano sindaci nuovi che potranno, come spero, risolvere le questioni di quartiere, in attesa di altre svolte più significative.
C’è solo la speranza che la si finisca di considerare i municipi cittadini come tante merchant bank ove si contrattano gli affari, almeno su questo aspettiamo novità.

martedì 24 maggio 2011

Allegria!



24 maggio 2011
”La grande recessione del 2008-2009 porterà a una perdita permanente del Pil a fine 2010 di 140 miliardi che è prevista crescere a 160 miliardi nel 2013. Le stime sono contenute nel Rapporto 2011 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica. E per rispettare i vincoli Ue, l'Italia dovrà ridurre il debito di circa 46 miliardi l'anno.”
“Domenica sera il programma di Rai3 Report ha riportato in primo piano l’antica questione dei cosiddetti ‘fuori ruolo’ tentando di stringere all’angolo quel piccolo esercito di fortunati che, pur mettendo da parte l’impegno di legge, continua a percepire il compenso dal ministero della Giustizia. Consiglieri del Tar, presidenti di sezione del Consiglio di Stato, membri della Corte dei Conti ma anche semplici giudici ordinari che possono sommare allo stipendio base cifre variabili dai 50 mila euro (cifra stabilita per gli assistenti dei giudici costituzionali) ai 100 mila per funzioni dirigenziali assunte all’interno di ministeri e amministrazioni varie, per arrivare a cifre che superano i 300 mila euro annui quando ci sono in ballo poltrone particolarmente generose.
E avanti così, senza sosta, da quando nell’anno 2000 l’allora ministro della funzione pubblica Franco Bassanini decise che i manager pubblici dovevano esser pagati quanto quelli privati, senza per questo imporre agli uomini di Stato la rinuncia allo stipendio durante il periodo dell’aspettativa.
“Un sacco di volte abbiamo già chiesto, anche a Palazzo Chigi, una legge che vieti il cumulo, che elimini la doppia retribuzione. Questi sì che sarebbero tagli considerevoli, sprechi eliminati”. Parola di Lidia Sandulli, presidente di sezione del Tar Lazio. Che prosegue senza troppa speranza: “Per ora nessuno ci ascolta, perché il sistema riguarda naturalmente tutti i dipendenti pubblici. E dunque sono tante le categorie che grazie a questo meccanismo possono sommare due retribuzioni lavorando per un solo datore di lavoro, che poi sarebbe lo Stato. Si tratta di soldi pubblici, che sborsa Pantalone, quindi che problema c’è?”.”
Ormai basta riferire di quello che riportano i diretti interessati o i pochi giornalisti (Gabanelli) che si occupano di cose vere in questo Paese per capire la grande iniquità che caratterizza quest’epoca.
Nel mentre il giornalismo di massa propone argomenti da avanspettacolo, maturano tutti gli elementi per portare l’Italia in bancarotta con le ovvie conseguenze che il sistema finanziario impone agli stati con conti disastrati. E così, dopo l’Irlanda, il Portogallo e la Grecia, probabilmente arriverà il turno dell’Italia, che sarà costretta a privatizzare quel poco che ancora resta di patrimonio pubblico e con ricadute significative sui servizi pubblici che ancora residuano (previdenza, sanità, istruzione).
Resta la morale di sempre e cioè che il Paese è governato da tempo da una classe dirigente che mentre imponeva povertà (su imposizione degli ambienti finanziari) godeva e viveva, vive bene e allegramente, a spese dei produttori e degli operai.
Roba da determinare sollevazioni.....e invece non succederà niente perche in questo Paese è vero che il ceto dirigente è composto da furbi, ma ci sono milioni di altri cittadini che attendono il loro turno per entrare nel giro dei furbi.
In fondo è il Paese di Arlecchino e qui vere rivoluzioni non ci sono mai state.

venerdì 20 maggio 2011

Non siamo scarti: lettera a Tremonti



Paolo Mieli ha suonato la campana. Dopo che Santoro ed altri suoi ospiti hanno concordato che con le elezioni comunali “il tappo è saltato” il Mieli ha detto molto chiaramente che a questo punto si può senz’altro attendere il “casus belli” ovvero che qualcuno accenda la miccia.
Che sia accettabile o meno questa espressione non è il caso di discutere, dato che ormai è chiaro da diverso tempo che l’Italia si trova in un clima “pre insurrezionale”. C’era stato qualche assaggio già per il 14 novembre scorso con le manifestazioni che circondarono il Parlamento riunito per un voto di fiducia al Governo. Le campagne stampa, le azioni giudiziarie, che pure accendono interminabili discussioni dimostrano che ci sono da tempo tentativi per disarcionare il cavaliere di Arcore. A questo punto v’è da capire se effettivamente andiamo incontro a tempeste organizzate o ad elezioni “liberatrici”.
C’è da considerare solo un fatto per chi mai ha votato il cavaliere, c’è da capire se i tanti che lamentano il disastro italiano si sono resi conto che le cause della crisi che si presenta in tanti aspetti, a partire dall’economia, ai rapporti sociali, sono da ricercare in ambiti che vanno molto oltre la disputa tutta paesana che il sistema di informazione nostrano ci porge quotidianamente.
E’ tutto il mondo occidentale che è in crisi, per ragioni che tanta parte della politica italiana fa finta di non capire o che non conosce e tanti che si sbracciano in questi giorni per la disputa elettorale mostrano appunto di non sapere o di non voler sapere.
Un esempio lo si vede in questo filmato, ove situazioni drammatiche dovute al cambio epocale che viviamo, vengono rappresentate per la gioia di chi pensa che la crisi sia dovuta ai governanti pro tempore e che non sia presente essa in tanti altri paesi ove governano forze politiche di altro colore.
Le dimostrazioni di protesta in questi giorni, in Spagna, mostrano una piattaforma di rivendicazioni e di lotta che trascende il teatrino solito delle forze politiche contrapposte.
C’è da sperare che molti capiscano che la svolta in Italia non passa per l’alternativa tra Pisapia e la Moratti e che di ben altre scelte e lotte ha bisogno questo Paese per rimettere al centro giustizia, benessere ed eguaglianza.

sabato 14 maggio 2011

Referendum: obiettivi più vasti.

I referendum sull'acqua e sul nucleare (a parte quello sul legittimo impedimento) indicano obiettivi più ampi di quello che troveremo letteralmente sulla scheda.

Non è la prima volta che quesiti referendari assumono un valore "programmatico" oltre l'effetto, proprio, di abrogazione di norme vigenti.

Cosa significa cancellare norme che impongono la scelta del nucleare o quelle della privatizzazione dell'acqua? Significa, a mio modo di vedere, dire un NO' (mediante il SI') a scelte dettate in sede internazionale su sollecitazione di grossi gruppi finanziari al fine di ricavare enormi profitti dalla gestione di fonti di energia e di un alimento fondamentale.

Chi in questi anni ha colto le enormi ingiustizie del liberismo selvaggio avrà sicuramente chiaro il significato "programmatico" e "simbolico" dei referendum previsti.

Il buon esito di essi (mediante l'affermazione del SI') non può che imporre un ripensamento su tanti altri temi e sull'intera agenda politica attinente all'ambiente, all'energia, all'economia e ai servizi sociali.

Al di là delle adesioni o non adesioni di questa o quella parte politica, bisognerebbe considerare da parte di quelli che hanno riserve sulle introduzioni di scelte "liberistiche" che sono avvenute e avvengono in Italia, bisognerebbe considerare che questa dei referendum è un'occasione (ultima?) per richiamare al principio di precauzione che deve innanzitutto riguardare la gestione di politiche fondamentali per ogni persona ( l'ambiente e l'alimentazione).

Ecco, questa è un'occasione per capire davvero chi è di destra e chi è di sinistra, chi è conservatore e chi è riformista.

Non sempre sono state chiare le definizioni politiche in questi anni e contraddizioni emergono ogni giorno.

Si potrebbe cominciare dai referendum per chiarirci le idee e per dare precedenza ai contenuti piuttosto che alle bandiere.

mercoledì 11 maggio 2011

E' il passato che ritorna



ANSA 6 maggio 2011 ore 11,24: “Tel Aviv, 6 mag. Sull’esempio dell’uccisione di Osama Bin Laden, e confortato dalle reazioni favorevoli della comunità internazione, Israele potrebbe colpire il leader degli Hezbollah Hassan Nasrallah. Lo dice l’ex capo dell’intelligence militare Aharon Zeevi-Farkash. «Non siamo una superpotenza e non tutto quello che è lecito per gli USA viene consentito anche a noi – spiega -. Tuttavia c’è un cambiamento graduale nelle regole della guerra al terrorismo, e si è aperta più libertà di manovra»”.
E come ai tempi del Colosseo, i cittadini del mondo occidentale, evoluto e ricco (?) guardano dalle gradinate o dalle poltrone la guerra moderna, che mette al riparo i suoi soldati, e colpisce con tecnologica precisione il nemico di turno.
Il nemico di turno: quello che giorno per giorno viene messo nel mirino perché dà fastidio, non si adegua e non collabora. Si comincia con le sanzioni sempre più pesanti che gli organismi internazionali applicano ai malcapitati di turno, seguono i bombardamenti mirati con le bombe cosiddette intelligenti. Quelle bombe che dovevano snidare Saddam in Iraq e che invece hanno provocato, secondo l’ Organizzazione mondiale della Sanità 151mila morti per cause violente, tra il 2003 e il 2006 (molti di più secondo gli studi di riviste internazionali).
“Se questo è un uomo”, “Se non ora quando”, “Give peace a chance” quanti slogan libri e film abbiamo visto negli anni, che esaltavano l’umanità degli uni contro la disumanità degli altri. Quella geografia degli orrori e dei buoni sentimenti è ancora attuale? I buoni sono sempre gli stessi? e i cattivi, anche?
E tutto quello che costituiva il diritto internazionale, le consuetudini di guerra, le convenzioni, dove sono andati a finire? Ne tengono ancora conto i governanti che danno il via alla mattanza quotidiana, scavalcando confini, ordinando omicidi e distruggendo abitazioni?
Quando l’obiettivo, confessato, di operazioni di guerra è l’annientamento del patrimonio abitativo, produttivo, degli edifici che ospitano l’istruzione e la sanità, siamo ancora nell’ambito delle operazioni di polizia internazionale, che giustificano i killer moderni?
E quando torneremo alle consuetudini più nobili come il saccheggio e l’assedio?
Sarà superficiale ricordarlo, ma queste guerre che vediamo in televisione non iniziano con la dichiarazione di guerra, né si concludono con la firma della resa. Non mettono nemmeno i cittadini in condizione di regolarsi con i nemici in casa o quando sono fuori casa (il libico che mi passa accanto per le strade è un nemico o un ospite?).
La velocità dei cambiamenti e la cultura della volontà di dominio in nome degli interessi economici e per volontà di Dio (anche questo capita con la nuova cultura dell’Impero: la guerra come espressione del Destino manifesto) non tollera più queste finezze e noi nemmeno le ricordiamo. E’ il passato che ritorna.

venerdì 6 maggio 2011

"Noi siamo gli attori della storia"


Come ammoniva un consigliere di Bush, rivolto a Ron Suskind, del New York Times: “La gente come lei vive in quella che noi chiamiamo la comunità basata sulla realtà”. Dove ci si illude “che le soluzioni emergano dal giudizioso studio di una realtà comprensibile. Oggi il mondo non funziona più così. Noi siamo un impero. E mentre agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi giudiziosamente studiate quella realtà, noi agiamo di nuovo, producendo nuove realtà, che voi potrete studiare. Noi siamo gli attori della storia. E a voi, a tutti voi, resta di studiarla”.
E questo lo riporta "Limes", rivista diretta da Lucio Caracciolo. Sarà credibile?


Nei giorni in cui si accavallano avvenimenti eclatanti e che mettono in dubbio convinzioni, conoscenze, storia comune, serpeggia in tanti (come si legge in giro) il dubbio stesso sulla fondatezza delle notizie. Mentre il sistema o i sistemi (meglio essere generici) rompono confini, distruggono alleanze, oltraggiano diritti secolari, sopraggiunge la spietata realtà mostrata e urlata dai sardi in televisione. Facendo onore alla tradizione di quel popolo (si parla non a caso di “sardità”, da tanto tempo) operai, commercianti, artigiani, irrompono in televisione, nella solita trasmissione, con i soliti esponenti della politica che non decide, e mostrano qual è lo stato delle cose: drammatico, per le conseguenze della crisi economica.
Intorno al conduttore televisivo facce bianche che capiscono che non hanno nulla da dire e nulla da proporre, perché le solite ricette (tipo: metti quel fondo quà o lo sposti di là) ormai non incantano più nessuno. Il pastore sardo che accusa il fatto di sapere macellati tre milioni di agnelli,mentre in Sardegna se ne macellano un milione e gli altri vengono dalla Romania, mostra di sapere quello che i governanti fanno finta di non sapere e cioè che le modifiche delle regole del commercio internazionale producono anche di queste sconcezze. Basta cioè che qualunque prodotto, alimento, che viene dall’estero, viene lavorato in Italia, sia pure in minima parte, ed ottiene il “made in Italy” e dunque compete con chi in questo Paese deve fare i conti con regole, adempimenti e fisco sempre più esoso. Il culmine arriva quando un’assemblea numerosa di lavoratori di tutte le categorie, tra il pianto di alcuni e le urla dei più arrabbiati, invoca i “forconi” contro la classe politica nel suo complesso. A quel punto le facce dei politici in studio diventano preoccupate.
Eppure nemmeno di fronte a questi temi sembra ci sia attenzione da parte di tanti che si ostinano a vedere le cose come terreno di contesa tra portatori di bandiere ormai senza colori e portatori di pensiero debole, ovvero di chi ritiene che una aggiustatina qua, una là, fatta da questa parte politica rispetto a quell’altra, sia capace di risolvere i problemi.
Sembrano temi diversi, eppure hanno fili comuni. Chi crede ciecamente alla cronaca ufficiale, per come è confezionata da quelle poche agenzie di stampa che fanno “ le notizie”, crede altrettanto ciecamente a dibattiti e parole d’ordine che ormai anche un eroico, ma semplice, pastore sardo sa come fasulle.
Il pastore sardo ha vinto (ancora una volta) con il suo buon senso rispetto ai tanti che seguono e si accodano a mutamenti che stravolgono sempre di più, giorno dopo giorno, regole, vita, confini, limiti. Di fronte a tanta passività mostrata dal ceto dirigente di questo Paese, i sardi mostrano di conoscere un’antica ricetta e cioè che i cambiamenti si contrattano e non si subiscono.
Aggiungerei: le notizie si approfondiscono e non si bevono.

domenica 1 maggio 2011

Le Caste ringraziano



Quello che succede a Napoli e che succede in Italia in questi giorni è emblematico della situazione di sfilacciamento dell’agire politico contemporaneo. A Napoli ci si mena per esigenze di scenografia, ripercorrendo rituali e gesti di altre epoche che nulla hanno più a che fare con il contesto, il clima, le scelte attuali. Appare ancora più incredibile l’amplificazione che i mezzi di comunicazione danno ad episodi che dovrebbero essere piuttosto condannati per la loro insignificanza rispetto ai termini e alle bandiere usate: cosa significa essere fascisti oggi, oppure comunisti?
Nel mentre si iniziano guerre su guerre, per ragioni evidentemente di egemonia economica e militare, abbiamo intere aree politiche che nulla hanno da dire in proposito, se non dare luogo al solito teatrino della mozione più furba o più intelligente da presentare in parlamento, come dipendesse da loro quello che si deve fare o non si deve fare in nord africa. Per il resto zero. Nulla emerge di quello che fu l’attenzione (per ragioni anche economiche) verso i paesi arabi e l’intelligenza partecipativa alle alleanze occidentali. Non si odono voci che si richiamino alle parole di La Pira o di Danilo Dolci o di Mattei o di Pertini e di tanti altri che in questo Paese sapevano bene di far parte di un’area politico-militare ma sapevano anche coltivare rapporti con altre dirigenze politiche o altre tradizioni e civiltà.
In questi giorni il dibattito interno nel maggior partito della sinistra, il Pd, è preso dai temi imposti da Scalfarotto e Concia, ovvero quelli attinenti ai cosiddetti “diritti individuali”. Ecco, nel giorno del primo maggio, che giunge nel pieno del disastro economico e militare di questi mesi, il tema più discusso in quell’ambito ” è altro”, come si usa dire. Viene voglia di rileggere le biografie di Oscar Wilde, di Rimbaud e di tanti altri che i diritti individuali li hanno vissuti fino in fondo, vivendo il bello della trasgressione con consapevolezza, così come le avventure umane di ogni individuo richiedono per assumere valore universale. No, qui i nostri vogliono la pensione, magari il reddito di cittadinanza e quote riservate; vogliono trasgredire, ma fino ad un certo punto, vogliono la sicurezza che la società può produrre per sostenere voglie individuali. Insomma non c’è niente di eroico in tutto questo ed il tema, i temi di questo tipo prendono sempre più tempo e diventano sostanza di partiti che si definiscono politici.
E’ tutto questo che ci distanzia dai movimenti politici di massa, che sono ormai un ricordo, che ci distanzia dalle popolazioni che nel mondo si ribellano e che distanziano i movimenti di protesta di oggi in Italia rispetto a quelli di anni passati. Assistiamo a pantomime di guerriglie urbane senza senso politico e storico e silenzi di partiti in ordine ai drammatici temi dei nostri tempi e mentre altrove sanno capire le ragioni della crisi e sanno scorgere gli obiettivi delle proteste(le loro Caste) da noi si discute del sesso degli angeli o di come poterlo fare strano con il beneplacito della legge. Insomma non si discute di questioni di giustizia e di eguaglianza, né dei rapporti tra i popoli, ma del benessere “individuale” . Roba evidentemente da elite ricche e raffinate e non da movimenti dei lavoratori.
E' in atto una mutazione antropologica, di meglio non si potrebbe fare.
Le Caste ringraziano.