
“Crolla la spesa media mensile delle famiglie italiane. Lo dice l'Istat che registra un -1,7% rispetto allo scorso anno. Scendono in particolare i consumi alimentari, fra le poche voci che i bilanci ormai risicatissimi degli italiani consentono di tagliare: il calo è del 3%.” Questo riportano le agenzie di stampa di oggi, ad ulteriore conferma dello stato dell’economia.
Eppure c’è chi sottolinea le code sulle strade del mare o le file ai ristoranti, per cui si potrebbe ricordare la famosa canzone che poneva il ritornello: “ ma dov’è questa crisi…..?”.
Questi aspetti sono rivelatori di situazioni non facilmente decifrabili. Innanzitutto si sa che la psicologia del consumatore è lenta nei cambiamenti, per cui si confermano abitudini anche quando il quadro economico personale sta mutando. Vi sono certamente comportamenti indotti da disponibilità di denaro, sui quali la crisi non influisce e questo dipende da situazioni personali, che possono riscontrarsi in ogni ambito, impresa, lavoro dipendente(pubblico o privato) lavoro autonomo, di alta qualificazione, che viene ben retribuito e sulle quali la crisi non incide. Sicuramente vi è l’incidenza dell’evasione fiscale (che riguarda il pubblico ed il privato) o dello sfruttamento del precariato che costituisce un moltiplicatore di utili.
Quello che colpisce di più in questi giorni in cui si discute della conversione in legge del decreto taglia spese è la reazione appunto delle classi privilegiate. Dopo i magistrati e i sindacati dei dirigenti della pubblica amministrazione, si sono fatti sentire i sindacati delle polizie, i quali senza mezzi termini, hanno minacciato “iniziative di protesta eclatanti”. Anche qui governo e parlamento hanno fatto retromarcia, senza distinguere(cosa che tutta la manovra economica non fa) tra generali e caporali.
Vi è ancora una considerazione da fare su questo argomento e cioè che a differenza di altri paesi, in Italia non vi sono reazioni popolari e di massa rispetto alla crisi e alle decisioni prese per essa dalle forze politiche.
Intanto dovremmo considerare che queste manovre non sono affatto, come si dice, “strutturali”, sono piuttosto delle misure per aggiustare un po’ i conti in attesa che passi il momento economico negativo. Queste misure non toccano i “fondamentali” del sistema economico e dunque ognuno resta rintanato, confidando nello “stellone”, ovvero “adda passà”. Su questo punto in Italia, così come per altri Paesi era cresciuto con spirito preveggente un movimento popolare e di massa che invitava tutti a riflettere sulle tante conseguenze negative che ci saremmo trovati ad affrontare in applicazione di ricette economiche liberiste. Cosa che puntualmente si è verificato. Quel movimento, di carattere internazionale, fatto di giovani ma anche di tante persone “normali” ed adulte, fu posto sotto il tallone repressivo(come mai si era visto in Italia) all’inizio del decennio scorso (a Napoli, a Genova). Su quelle vicende è calato il silenzio delle convenienze reciproche, mentre le forze politiche(conservatrici, progressiste, di destra, di sinistra - chissà se ha ancora senso esprimersi così) ci hanno intrattenuto in questi anni su facezie e sciocchezze, su tanti casi, episodi e “comportamenti” da valutare secondo i canoni del moderno galateo del “politicamente corretto”. E così, tra i Costanzo e De Filippi, Travaglio e Faziofabio, siamo nella condizione di oggi, dove sull’ultimo evento in discussione, rappresentato dalla trattativa di Pomigliano d’Arco, vi è una vasta platea di intellettuali sotto gli ombrelloni di Capalbio e dintorni che mostrano fastidio per le lamentele dei poveracci.
Hanno ragione: la vita è bella, è come il presepe, ogni pastore deve stare al suo posto e maledetto sia chi guasta l’ambiente.
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