Quando all’inizio di agosto del
2011 il duo Draghi Trichet spedì la lettera con la quale impegnava il Governo
ed il Parlamento italiani ad adottare significative riforme non c’era in essa
solo la richiesta di allungamento dell’età pensionabile o le modifiche in tema
di licenziabilità nel rapporto di lavoro privato. C’erano altre cose, in
particolare: “il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei
costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi. C'è
l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati
amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni
mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.”. Sappiamo
come è andata a finire, si sono aumentate le tasse e le tariffe con ulteriore appesantimento della
situazione economica di molte famiglie e di imprese, lasciando correre invece
rispetto alla riduzione dei costi del sistema pubblico.
Il taglietto dei megastipendi per
una percentuale del 5%, pur stabilito dal Governo, è stato abolito dalla Corte
costituzionale (“Diritti acquisiti”) dopo una rivolta ed una strenua difesa
delle caste burocratiche. Altrettanto inutile è stato il tentativo della
Commissione Giovannini di parametrare gli stipendi pubblici italiani sulle
medie dei Paesi europei: il presidente della Commissione denunciò la non
collaborazione degli uffici. L’abolizione delle province è finita in
cavalleria, ovvero affossata dal Parlamento, proprio nel giorno nel quale il
Governo Monti si dimetteva. L’ulteriore tentativo del Governo di stabilire il
limite agli stipendi degli alti dirigenti pubblici su quello che percepisce il
Presidente della Cassazione non si sa che risultato abbia prodotto (l’informazione
non ne dà notizia, ai ricchi giornalisti non interessa). Questo è lo stato delle
cose e questa è la natura della classe dirigente di questo Paese.
Sinteticamente lo dice con efficacia Bini Smaghi (già nel direttivo della Bce)
quando afferma che dopo le tasse bisognava procedere alla fase della riduzione
dei costi pubblici. Cosa è successo?: “ giunti alla
seconda fase, le pressioni dei mercati erano già svanite e la conseguente
"urgenza" evaporata." . Le caste hanno tirato un sospiro di
sollievo.
Gli
italiani che comandano non si smentiscono mai, sempre pronti a scappare con la
valigia nei momenti di difficoltà: tasse per tutti, tagli per loro niente. E’
la solita casta di un 8 settembre perenne.
Eppure
misure di riduzione di alti stipendi (e non solo) sono state assunte da molti
paesi europei in questa fase di crisi: Irlanda, taglio del 13% degli
stipendi pubblici; Spagna, taglio del 5%,Grecia 20%, Polonia 10%, Germania 2,5%.
In Irlanda in particolare, la riduzione degli stipendi pubblici fornisce risorse
alla crescita con la tassazione delle imprese al 12,5%. Chissà cosa ci vorrà in
Italia per avviare la crescita…magari altre tasse.
Il tema della riduzione dei costi pubblici dovrebbe
essere il tema fondamentale di questa campagna elettorale, dove le diverse
parti dovrebbero competere per definire su chi, come e quanto debbano incidere
i tagli. Si sente invece ancora parlare di tasse senza tenere conto delle
quotidiane chiusure delle imprese e della fuga all’estero di quelli che,
persone o imprese, se lo possono permettere.
All’inizio del Governo Monti, in una situazione di
grave difficoltà finanziaria, i mandarini di Stato prendevano 30 mila euro di
pensione al mese o 620 mila all’anno di stipendio. Dopo un anno di sacrifici
per molti e di suicidi per tanti, per i
nostri mandarini nulla è cambiato: quello che incassavano allora altrettanto
incassano adesso. Questa è la realtà di
cui non si parla nei dibattiti politici.
Un Presidente di regione in questi giorni invocava la
guerra contro i super ricchi. Si tranquillizzi, i super ricchi oggi li trova
nelle stanze del palazzo della regione, lì ci sono stipendi da favola. Peccato
che non se ne sia ancora accorto. Del resto (a parte Briatore) se il Pil
nazionale dipende per il 52% dalla spesa pubblica, dove altro si possono situare
le megaricchezze? In un Paese dove la casta grassa fa di tutto perché le
imprese se ne vadano all’estero c’è chi aizza alla lotta contro i padroni delle
ferriere quando le ferriere sono chiuse. Per distrarre l'attenzione dagli arricchimenti pubblici si imbracciano bandiere sbiadite e senza più significato.
Al voto, al voto, sognando la Rivoluzione.
