giovedì 27 giugno 2013

Anche a Berlino ci sono comici



L’enorme gettito tributario, con l’aggiunta di esosi interessi e sanzioni, non basta per tenere a galla il sistema. «...bisognerà scoprire nuovi evasori, perché la riscossione dei tributi accertati, per volontà politica, ha perso buona parte del mordente che aveva guadagnato. Con il risultato che Equitalia si trova oggi in pancia una mole spaventosa di somme da riscuotere. Cifre da iperbole siderale: 545 miliardi di euro [...] Un buco potenziale enorme per i titolari di quei crediti (enti locali, Stato, istituti previdenziali) che non riescono ad incassare – i più vecchi dei quali risalgono allanno 2000. Un problema molto serio che bisogna assolutamente affrontare» (A. Befera, 23/6/2013, Corriere della Sera). Il Capo della riscossione dei tributi in Italia ci dice che ha le mani legate e che con gli ultimi provvedimenti che limitano le procedure esecutive nei confronti dei contribuenti bisogna volgere lo sguardo altrove. E se 545 miliardi non sono sufficienti per descrivere un popolo di criminali, evasori, incivili, bisogna, dice Befera, trapanare ancor di più nell’esistenza dei cittadini, per sapere ogni cosa della loro vita, per attingere ulteriori risorse necessarie.
In realtà quei 545 miliardi non sono dovuti (tutti) da criminali, evasori, incivili, sono quanto dovuto dalla massa dei contribuenti dopo che è stato accertato il debito fiscale. Appare fondata allora qualche considerazione sull’efficienza del sistema di riscossione e sulla tenuta del rapporto civile tra pubblico e privato, Stato e contribuente.
Quasi contemporaneamente all’intervista a Befera l’Agenzia AdnKronos (22/6/2013) cita dati ufficiali della Corte dei Conti che confermano sostanzialmente quanto riferito dal presidente di Equitalia: ”in 12 anni emessi ruoli per 596 miliardi, incassati solo l’11,6%”. Praticamente lattività di riscossione si è fermata a quota 69 miliardi circa con un crollo nel 2010 all1,9.
Se non si tratta di incapacità a riscuotere, si può pensare all’altra ipotesi e cioè che il sistema non funziona più, molti cittadini contribuenti non pagano. La crisi morde, viene da lontano e non si scorge la fine di essa.
E si aggrava: i ministri delle finanze europei hanno firmato l'accordo che stabilisce che il fallimento delle banche verrà pagato dai creditori, azionisti, investitori istituzionali e dai correntisti con più di 100.000 € in depositi. Il Financial Times afferma che il nostro Tesoro ha un «buco» di forse 8 miliardi. Non finisce qui, ai 90 miliardi di euro annui che dobbiamo pagare di interessi sul debito di 2000 miliardi (ed oltre) occorre aggiungere che i governi italiani hanno preso l’impegno di ridurre il debito italiano dal 120% (e oltre) del Pil, al 60%: a rate di 50 miliardi l’anno. Su tutto questo si minimizza. Il linguaggio burocratico prevale, in Italia e in Europa, la classe dirigente nostrana segue, docile, i dettami delle tecnocrazie bancarie e finanziarie. A nessuno viene in mente, oggi, di proporre qualcosa che non sia l’aumento delle tasse (in questi giorni in silenzio sono aumentato bolli ed accise) o aumenti degli acconti d’imposta: proprio come un debitore che si mangia i futuri redditi.
In prospettiva è difficile immaginare né l’uscita dal tunnel, né il verificarsi di un punto di rottura: entrambe le situazioni richiederebbero capacità e consapevolezza che entro i confini nazionali non ci sono. Sarà un lungo declino fatto di privazioni sempre più diffuse e di vita facile per gli squali, quelli di sempre, in attesa che altri trovino la soluzione. Intanto in Germania è nato un partito – Alternative fuer Deutschland (AfD) – che propone l’uscita del Paese dall’euro. Uno dei promotori è l’ex presidente della Confindustria germanica (BDI), Hans-Olaf Henkel, già entusiasta sostenitore dell’euro.
A quanto pare anche a Berlino ci sono comici.

giovedì 13 giugno 2013

Come ai tempi di Maria Antonietta



Giampaolino, presidente delle Corte dei Conti, ha detto che alcune misure di lotta all'evasione fiscale, come lo "spesometro" (con il quale vengono registrate tutte le operazioni verso i consumatori finali di importo pari o superiore a 3.600 euro) comportano alcuni "rischi", tra i quali "effetti negativi sui consumi" o, "peggio", l'aumento della "propensione ad effettuare acquisti di beni e servizi in nero". 
Tanta preoccupazione per lo spesometro da parte di un grand commis di Stato nasce forse perché lo “spesometro” risulta utilizzabile per chiunque e non solo per le solite categorie sospette. Dunque, il bravo Presidente, ha lanciato un urlo di dolore: lotta all’evasione fino ad un certo punto, ma mai dalle parti dei burocrati. Non sia mai.
Wealth Insight, società specializzata nella gestione della ricchezza, ha affermato che risultano in Italia 259 mila milionari (in euro di patrimonio) decimo posto al mondo. E’ interessante saper che metà dei milionari italiani sono a Roma. Dato significativo, perché tutti sanno che la capitale è il luogo dove vivono e producono reddito centinaia o migliaia dei burocrati che sorreggono le redini effettive del Paese.
Risulta da indagini giornalistiche che Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle Entrate, ha acquistato una bella casa all'Eur, di sette vani e mezzo. Prezzo: 369.350, cioè meno 35% sulle stime immobiliari della Cerved.
Il Giampaolino ha acquistato sei vani nel cuore del quartiere Prati, con  vista sul Vaticano. Prezzo d’acquisto: 413.960 euro, il 48% in meno della stima Cerved.
In questi anni spesso si è registrato l’acquisto di favore di immobili nell’ambito di operazioni di dismissione del patrimonio pubblico o, più semplicemente, operazioni immobiliari di illustri uomini pubblici in cui i conti non tornavano, tra il dichiarato, il pagato o l’importo del mutuo: Ezio Mauro, Vittorio Grilli. 
Quello che colpisce, oggi, è il comportamento (parola tanto in voga oggi da parte dei moralizzatori di professione) di quelli che compongono la vera classe dirigente, non tanto, dunque, dei soliti vertici politici e parlamentari, ma di quella decina di migliaia di dirigenti pubblici, occulti,non conosciuti ai più, che sanno farsi valere e che sanno come difendere gli interessi personali (e di classe…..).
La Corte costituzionale, per esempio, ha dato grande prova di sé in termini giuridici nel bocciare timidi tentativi di riduzione della spesa pubblica per il personale di alta qualifica. In questo, ovviamente, i giudici difendevano anche il personale portafogli. Vediamo:i tagli alle retribuzioni superiori ai 90mila euro dei soli dipendenti pubblici, previsti dal decreto legge numero 78 del 2010, sono incostituzionali. In particolare sono illegittime quelle norme che prevedono che «i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro». Per la Corte, «il tributo imposto determina un irragionevole effetto discriminatorio».
Tutto questo mentre si legge di dati economici da bollettino di guerra, di fallimenti, di suicidi, di emigrazione di imprenditori, mentre il Paese affanna e mentre si aumentava l’età pensionabile senza che qualcuno fiatasse e si bloccavano gli aumenti contrattuali anche per i dipendenti pubblici delle basse qualifiche. 
I grandi burocrati si difendono alla grande, stabilendo, puramente e semplicemente, che non è la politica che determina gli indirizzi dell’economia, nemmeno in tempi di crisi acute, ma li determinano loro, le tecnoburocrazie, le sole capaci oggi di fare e disfare, di creare ricchezze per pochi e di prosciugare redditi per molti.
Nel periodo 1990-2010 il Pil è cresciuto del 121%, la spesa primaria del 152%; la maggior parte di tale aumento si è verificato nel decennio 2000-2010. Il Debito Pubblico nel frattempo è invece passato da 1262 miliardi di euro nel Dicembre 2000 ai 1890 miliardi. 
Un Governo, un Parlamento, seri, dovrebbero imporre un adeguamento della spesa pubblica a partire dai propri emolumenti non solo perché incidono meno sul livello di vita, ma anche per essere di esempio per tanti altri, invece  si continua a fare i furbi tenendosi buoni tutt’assieme, con le elites burocratiche, sapendo che il sistema migliore per tenere a bada le moltitudini è di ingrassare i direttori generali e tutte le varie corti che ruotano intorno.
Un Paese che da anni ha margini negativi di crescita dovrebbe adeguare, in negativo, le retribuzioni dei livelli più alti dei propri vertici, invece i portafogli di lor signori continuano a gonfiarsi, come nulla fosse, tanto per far capire chi comanda veramente.
La conseguenza, per i prossimi giorni, sarà l’ulteriore aumento dell’aliquota iva. Giustamente le burocrazie vogliono che la legge sia uguale per tutti e la politica si china doverosamente e interessatamente ai poteri forti.
Stessa aliquota per chi mangia pane e per chi mangia brioches, proprio come ai tempi di Maria Antonietta.