giovedì 28 giugno 2012

Donna Amalia e il ragioniere


Recentemente, l’economista Paul Krugman prendendo spunto da dichiarazioni di Bini Smaghi, diceva” rende l'idea della posizione di tutta l'elite europea in questa crisi: moraleggiante, sentenziosa, sempre dalla parte sbagliata ma sempre convinta che l'altra faccia della medaglia nasconda ignoranti e straccioni. E' una cosa sbalorditiva da guardare.”
Krugman ha ragione e non solo per le elite europee, comprensive dei nostri maggiorenti, ma la sensazione si attaglia a molta parte della stampa e del ceto pubblico allargato che governa e vive del sistema italiano (meglio: all’italiana). Probabilmente gli agi inducono all'insofferenza per le moltitudini.
Non suona nuova questa sensazione. Negli ultimi anni si avverte sempre di più uno scontro tra il Paese reale e la classe di governo che vive al disopra di quello che nei paesi civili ci si potrebbe permettere ed in caso di necessità il catenaccio è sempre pronto. Per la cronaca: nelle ultime puntate del brillante Floris (Ballarò) il volpone americano Luttwack è intervenuto più volte sulla insostenibilità di compensi per dirigenti italiani a paragone con quelli di altri paesi civili. Risultato? Tutte le volte in cui ha sentito queste cose il Floris ha cambiato argomento. Tabù italiani, tabù all'italiana.
Anche il prof. Giovanni Sartori ricorda oggi quanto velleitario fosse il cammino verso la globalizzazione, soprattutto per l’Italia, in un mondo dove interi continenti avrebbero prevalso, come è avvenuto, in ragione del minor costo della mano d’opera e in mancanza di politiche protettive. Lo stesso Sartori denuncia l’improponibilità delle continue manovre basate su aumenti di tasse per correggere i conti.
Oggi il centro studi di Confindustria parla di effetti devastanti per redditi e fatturati, come solo in una guerra può accadere.
Guerra, è la parola esatta che può far capire quello che sta avvenendo in questo Paese e solo Eduardo di “Napoli milionaria” riesce a descrivere gli ingredienti di una guerra civile, finanche nei vicoli di Napoli, tra persone: basti ricordare il rapporto, di odio e di vessazioni, che corre tra “donna Amalia” e il “ragioniere”. Siamo a questo punto o quasi.
Ancora oggi c’è chi appoggia le dichiarazioni della Fornero circa il lavoro che non sarebbe un diritto. All’Assemblea costituente si disse:“Dicendo che la Repubblica è fondata sul lavoro, si esclude che essa possa fondarsi sul privilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulla fatica altrui e si afferma invece che essa si fonda sul dovere, che è anche diritto ad un tempo per ogni uomo, di trovare nel suo sforzo libero la sua capacità di essere e di contribuire al bene della comunità nazionale.” Bisognerebbe tenere a mente queste parole per governare un popolo, ma i saccenti e altezzosi, è noto, hanno poca memoria. E a molti italiani sembra un sogno avere tre familiari con cattedre universitarie (il posto giusto per capire cos'è il mercato). Forse è per questo che la Fornero piace a molti.
Nel frattempo corrono le indiscrezioni sulle prossime decisioni per ridurre le spese: il  Consiglio dei ministri prevederebbe la posticipazione delle tredicesime di dicembre o addirittura il loro taglio, in ragione progressiva rispetto al reddito percepito dal dipendente pubblico. L’ipotesi più radicale che sta circolando in questi giorni, prevede il blocco delle tredicesime mensilità per tre anni e un taglio degli stipendi compreso fra il 2,5 e il 5%. Su 167 miliardi che lo Stato spende per il pagamento delle retribuzioni dei propri dipendenti, si potrebbe avere un risparmio del 10%, quindi di oltre sedici miliardi.
Ecco, chissà che tanti altezzosi e saccenti non rinsaviscano, chissà magari li vedremo sulle barricate!

sabato 23 giugno 2012

Destra e Sinistra


Paolo Manasse, docente di Economia all’Università di Bologna, si pronuncia sulla politica economica del Pd (http://www.linkiesta.it/pd-programma-economico-stefanofassina#ixzz1ybaDzBgM):”Insomma ci sono due possibilità: o questo “programma economico” rappresenta esclusivamente le posizioni del responsabile economico del Pd, e allora non c’è da preoccuparsi; oppure esprime posizioni condivise dal suo partito. In questo caso c’è da chiedersi quanto possa durare l’appoggio al governo Monti, la cui impostazione è perfettamente antitetica a queste proposte.”.
Per l’Udc,che pure appoggia il governo Monti, in questi giorni si registra un fatto particolare, ma comunque significativo circa il sentimento che anima le diverse individualità di un partito rispetto al Governo e alle direttive principali di esso. E’ capitato che un consigliere regionale del Piemonte, Alberto Goffi(Udc) impegnato soprattutto in difesa di tanti contribuenti nei confronti delle esazioni di Equitalia, ha dovuto lasciare la carica di segretario regionale del partito su pressioni della segreteria nazionale.
Entrambi i riferimenti qui riportati dimostrano quanto sia difficile vivere la politica in termini di appartenenza o di militanza, come si preferisca dire.
Risulta difficile oggi comprendere il posizionamento, le scelte fondamentali dei vertici dei partiti che nascono o che provengono da tradizionali culture politiche popolari e democratiche ed oggi schierate supinamente o con distingui tenui in favore del Governo Monti e dunque delle scelte che si assumono in sede europea.
Viviamo una fase della vita politica che richiederebbe approfondimenti significativi su tutto quanto  è stato deciso negli anni e negli ultimi decenni in direzione di un assetto politico economico che oggi presenta aspetti di una durezza che milioni di persone avvertono.
Bisognerebbe onestamente riconoscere che il sistema che è venuto a crearsi poco o nulla ha che fare con i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica. Principi che furono elaborati e sanciti dalle fondamentali forze politiche della Costituente, le quali si ritrovarono a condividere valori essenziali per persone e società, a partire dal riconoscimento del lavoro come fondamento della Repubblica.
La difficoltà di discutere sulla coerenza tra principi e scelte dimostra sicuramente una subornazione o incapacità di classi dirigenti a porre sul tavolo le vere questioni di oggi, preoccupati come sono di essere messe ai margini del potere decisionale, quasi come contendenti in cerca di beneplacito che altri depositari della sovranità debbono concedere. Eppure i nostri costituenti sancirono subito che “la sovranità appartiene al popolo…”.
In mancanza di discussioni serie su questioni fondamentali ci si divide e si discute su argomenti risibili alimentati da una stampa che altrettanto supinamente accompagna ed alimenta dibattiti sul nulla.
Se è vero, come era stato annunciato negli anni passati, che uno degli effetti della globalizzazione sarebbe per gli europei, per gli italiani, un abbassamento del livello di vita in termini di reddito, di proprietà, di occasioni e qualità del lavoro, manca oggi una discussione seria sulla modulazione dei sacrifici da determinare e da distribuire:patrimoniale,riduzioni di spesa.... In fondo il compito di forze politiche autenticamente democratiche e popolari è quello di assicurare che ricchezza e povertà siano ragionevolmente distribuite.
Probabilmente discussioni come queste non sono state fatte e non si fanno perché la crisi finanziaria che domina in questi anni comprende in sè una lotta all’accaparramento di risorse, che come sempre, non si creano e si distruggono, ma semplicemente si spostano, si trasformano. Ciò che succede tra Stati succede tra ceti e persone, si comprende allora il perché della mancanza di discussione e di impegni su questi argomenti e del perché si riscontrano atteggiamenti contrastanti all’interno dei partiti su questioni essenziali: nessuno ai vertici vuole mettere a repentaglio privilegi acquisiti e tutti fanno affidamento, come ultima speranza, alla famosa crescita.
In questi giorni si sentono spesso rimbrotti tesi a tenere distinte destra e sinistra, la verità è che si fa sempre più fatica a cogliere autentiche differenze, purtroppo.  

venerdì 15 giugno 2012

Privatizzazioni: si pappa!


«Gli spread nell'area euro non torneranno a impennarsi», commentava il premier Mario Monti in un'intervista all'agenzia Bloomberg il 28 febbraio di quest’anno, quando lo spread era a 340. In queste settimane quel valore oscilla quasi ad arrivare a 500, mentre 12 mesi fa andava sui 150.  La dichiarazione di Monti di febbraio è una delle tante che il Presidente del consiglio ha dato esponendo un ottimismo che non sembra adeguato alle tendenze in atto, come non ricordare quell’altra?: “Il decreto produrrà un aumento del Pil del 10%”!
Basta così, perché l’esercizio pure diffuso di riportare frasi, espressioni, di questi o di quello, è del tutto inutile.
A questo punto, piuttosto viene in mente la classica “biblica” domanda: “a che punto siamo della notte?”.
Seriamente dovremmo convenire che molte delle previsioni fatta da tanti commentatori sulla crisi in corso e sull’attività di governo di Monti, previsioni e commenti di mesi ed anni passati, sembrano rivelarsi fondate.
Monti continua imperterrito a seguire la strada dell’”europeismo spinto” tenendo in secondo piano qualunque altro interesse individuale o collettivo. Di interesse nazionale, nemmeno a parlarne: “roba da tedeschi e francesi, noi siamo italiani, siamo più europeisti degli altri!”. Di misure protezionistiche nemmeno l’ombra, anche se tanti altri Stati le adottano, compresi gli Usa.
Si sapeva (come tanti economisti affermavano) che le direttive di governo dell’economia avrebbero prodotto recessione e così è. Abbiamo dati che si commentano da soli, con conseguenze letali per milioni di persone. Eppure, imperterrito, il Governo prosegue e dopo aver incassato col benestare di tutti i liberisti di “noantri” un’ulteriore abbassamento delle garanzie circa il rapporto di lavoro (degli altri), si prepara a mettere sul tavolo il piatto ricco delle privatizzazioni. Si pappa!
E così, dopo aver fatto qualche favore a banchieri e assicuratori, è il momento di palazzinari e gestori di servizi.
Dopo le scorpacciate degli anni ’90 un’ulteriore tornata di svendite. Così come avvenne dopo il ’92 (crisi della lira) la crisi finanziaria che non accenna a diminuire giustifica la svendita del patrimonio pubblico (rimasto). E cos’altro si poteva fare? Effettivamente cos’altro si può fare in un Paese dove tutti si sono messi dietro le scrivanie a pontificare? Dove non si sa più come si fanno scarpe o calzini,dove è scomparsa l’elettronica e la chimica? Dove 5 milioni di persone, a diverso titolo, dipendono dalla capacità del governo di imporre ed incassare tasse a carico di altri venti milioni di lavoratori?
Passerà anche questa svendita, perché la vasta casta che determina le sorti del Paese ha le sue esigenze e non potendo e non sapendo fare sacrifici (la fantomatica”spending review”) acconsentirà anche a questo, poi magari si metterà in attesa della “eurobondeizzazione” del debito nazionale. Insomma c’è sempre qualcun’altro da rapinare o al quale addossare i propri debiti.
Anche Moretti, amministratore delle Ferrovie, dice che per l’anno prossimo non garantirà treni locali, perché le Regioni non danno soldi. Appunto, venga qualche company straniera a comprarsi i treni e i binari costruiti da quattro generazioni di italiani, visto che nemmeno i treni sanno gestire. Magari a qualcuno verrà in mente di fare finalmente la “spending review” a carico di Moretti ed altri.  

lunedì 11 giugno 2012

Il dondolo


Michele Serra (L’Amaca del 10 giugno) riporta il colloquio avuto con un suo amico, un po’ scarso in italiano, alticcio dopo qualche bicchiere, sprovveduto nelle questioni di economia.
Il Serra finisce col dare ragione all’amico e cioè che tutto questo ambaradan di soldi stampati dalla Bce e dati alle banche in pratica si rivela un flop e conclude con l’amico“Ma se ce li dassero direttamente a noi, non sarebbe  meglio?”. Michele sottolinea gli errori dell’amico in fatto di lingua e concorda con la semplice osservazione in fatto di economia. Quello che non risulta realistico è il fatto che il Michele, che non perde occasione di mettere in mostra la propria saccenza e superbia da intellettuale della domenica, se la faccia con persone culturalmente sprovvedute.
Risulta altrettanto improbabile una revisione delle sue opinioni circa le direttive economiche dell’eurocrazia nella presente situazione.
Evidentemente il Serra ha dormito e sognato sull’amaca e ci propina cose non possibili, per lui. Insomma, uno che gira in redazioni così attrezzate sul piano culturale e così ricche di sapienti in scienze economiche non può stare a perdere tempo fuori al bar con uno sprovveduto.
Il sogno-racconto finisce così:”Di economia capisco quasi quanto T., cioè poco. Ma  al salvataggio del sistema creditizio non direi proprio che abbia  corrisposto una migliore circolazione del denaro, e un accesso al credito più agevole.”.
Appunto, era un sogno, perché altrimenti se fosse vero…Michele perderebbe il posto a “Repubblica”, perché i dogmi non devono essere messi in discussione…
Meglio che si occupi di cose più banali, lì riesce meglio.