Recentemente, l’economista Paul Krugman prendendo
spunto da dichiarazioni di Bini Smaghi, diceva” rende l'idea della posizione di
tutta l'elite europea in questa crisi: moraleggiante, sentenziosa, sempre dalla
parte sbagliata ma sempre convinta che l'altra faccia della medaglia nasconda
ignoranti e straccioni. E' una cosa sbalorditiva da guardare.”
Krugman ha ragione e non solo per le elite
europee, comprensive dei nostri maggiorenti, ma la sensazione si attaglia a
molta parte della stampa e del ceto pubblico allargato che governa e vive del
sistema italiano (meglio: all’italiana). Probabilmente gli agi inducono all'insofferenza per le moltitudini.
Non suona nuova questa sensazione. Negli ultimi anni si avverte sempre di più uno scontro tra il Paese reale e la
classe di governo che vive al disopra di quello che nei paesi civili ci si
potrebbe permettere ed in caso di necessità il catenaccio è sempre pronto. Per la cronaca: nelle ultime puntate del brillante Floris
(Ballarò) il volpone americano Luttwack è intervenuto più volte sulla
insostenibilità di compensi per dirigenti italiani a paragone con quelli di
altri paesi civili. Risultato? Tutte le volte in cui ha sentito queste cose il
Floris ha cambiato argomento. Tabù italiani, tabù all'italiana.
Anche il prof. Giovanni Sartori ricorda oggi
quanto velleitario fosse il cammino verso la globalizzazione, soprattutto per l’Italia,
in un mondo dove interi continenti avrebbero prevalso, come è avvenuto, in
ragione del minor costo della mano d’opera e in mancanza di politiche
protettive. Lo stesso Sartori denuncia l’improponibilità delle continue manovre
basate su aumenti di tasse per correggere i conti.
Oggi il centro studi di Confindustria parla di
effetti devastanti per redditi e fatturati, come solo in una guerra può
accadere.
Guerra, è la parola esatta che può far capire
quello che sta avvenendo in questo Paese e solo Eduardo di “Napoli milionaria”
riesce a descrivere gli ingredienti di una guerra civile, finanche nei vicoli
di Napoli, tra persone: basti ricordare il rapporto, di odio e di vessazioni, che
corre tra “donna Amalia” e il “ragioniere”. Siamo a questo punto o quasi.
Ancora oggi c’è chi appoggia le dichiarazioni
della Fornero circa il lavoro che non sarebbe un diritto. All’Assemblea
costituente si disse:“Dicendo che la Repubblica è fondata sul lavoro, si
esclude che essa possa fondarsi sul privilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulla
fatica altrui e si afferma invece che essa si fonda sul dovere, che è anche
diritto ad un tempo per ogni uomo, di trovare nel suo sforzo libero la sua
capacità di essere e di contribuire al bene della
comunità nazionale.” Bisognerebbe tenere a mente queste parole per governare un
popolo, ma i saccenti e altezzosi, è noto, hanno poca memoria. E a molti italiani sembra un sogno avere tre familiari con cattedre universitarie (il posto giusto per capire cos'è il mercato). Forse è per questo che la Fornero piace a molti.
Nel frattempo corrono le indiscrezioni sulle
prossime decisioni per ridurre le spese: il Consiglio dei ministri prevederebbe
la
posticipazione delle tredicesime di dicembre o addirittura il loro taglio,
in ragione progressiva rispetto al reddito percepito
dal dipendente pubblico. L’ipotesi più radicale che sta
circolando in questi giorni, prevede il blocco delle tredicesime mensilità per
tre anni e un taglio degli stipendi compreso fra il 2,5 e il 5%. Su 167
miliardi che lo Stato spende per il pagamento delle retribuzioni dei propri
dipendenti, si potrebbe avere un risparmio del 10%, quindi di oltre sedici
miliardi.
Ecco,
chissà che tanti altezzosi e saccenti non rinsaviscano, chissà magari li
vedremo sulle barricate!


