''La massa
di spesa che oggi è sotto attenzione della spending review ammonta a circa un centinaio di miliardi di euro,
diviso tra Stato, enti previdenziali, regioni ed enti locali. Se si guarda un po' più lontano
la spesa sulla quale si può intervenire
è di importi notevolmente più ampi, si può considerare almeno pari a
circa trecento miliardi di euro''. E' quanto ha dichiarato il ministro per i Rapporti
con il Parlamento, Piero Giarda.
Tranquilli,
non succederà niente, si tratta di fare un po di “muina”, già la Commissione Giovannini
ha gettato la spugna in merito alla possibile riduzione di indennità pubbliche (“perché
è difficile reperire dati attendibili”). Allo stesso scopo è stato nominato
(dal governo dei tecnici) il tecnico Enrico Bondi.
Non succederà
nulla perché uno dei punti nodali da sciogliere per rimettere in ordine i conti
in Italia (questo è quello che tutti vogliono, in Italia e in Europa) è indistricabile. Dipende dal vero potere, diffuso, che governa il Paese: dal bidello precario,
al presidente della Repubblica, alla vasta economia “privata” che danza intorno
alle casse pubbliche.
In fondo non
sarebbe difficile risolvere il problema, basterebbe fare quello che si doveva
fare appena adottato l’euro e firmati tutti i trattati che hanno vincolato il
potere di decisione e di governo in questo Paese.
Bastava(e basterebbe)
equiparare stipendi e prezzi delle commesse pubbliche ai livelli europei, quell’Europa
che tanto è presa in considerazione dai nostri quando si tratta di rendere la
vita difficile alla maggioranza della popolazione, ma che diventa terra lontana
in fatto di responsabilità e di rigore delle classi dirigenti.
Il
ritornello sulla crescita del debito pubblico non tiene conto che l’introduzione
dell’euro nel 2001 ed ancor prima la firma dei trattati europei imponeva una
revisione dell’organizzazione pubblica in fatto di addetti, compiti, controlli,
spesa. In questi anni si è fatto il contrario di quanto era necessario e
in presenza di un sistema monetario e di
finanza pubblica che non dipende più da decisioni interne scontiamo tutta la
distanza che separa questo Paese dagli altri Stati europei.
Nulla di
nuovo comunque, appare sempre più evidente che in questo Paese la vera storia
può essere rappresentata da una lunga guerra tra il notabilato (oggi si dice “casta”)
ed il resto dei cittadini. E’ dall’Unità d’Italia che viene avanti questo
scontro, alimentato all’inizio da quella che sembrò (a torto o a ragione) come
una occupazione, piuttosto che una liberazione. Dietro i vessilli dei piemontesi
apparvero subito i faccendieri e i notabili, del nord e del sud, che seppero
approfittare delle nuove occasioni di arricchimento. Un notabilato che mai ha
dato prova di responsabilità e di rigore, sempre preoccupato di conservare,
difendere e trasmettere il potere pubblico acquisito, minimo o ampio che fosse.
E’ la vera “guerra civile latente” che caratterizza l’Italia da centocinquant’anni
a questa parte.
Si metta in
pace il ministro Giarda, la diminuzione della spesa pubblica richiede
responsabilità ed esempio a partire da chi la impone e lui non la può imporre perché
il notabilato che lo osserva da vicino (a partire dalla segreteria, dal gabinetto
ministeriale, dall’usciere) non è disposto a rinunciare a nulla.
Non siamo
mica in Francia (a proposito di Europa) dove Hollande ha già deciso per la
riduzione al 30% delle indennità politiche, a partire dalla sua! Siamo in
Italia dove i notabili, alla peggio, vanno in Tribunale a difendere i “diritti
quesiti”….altro che globalizzazione e flessibilità, quella roba vale per gli
altri.




