domenica 27 maggio 2012

"I diritti quesiti"


''La massa di spesa che oggi è sotto attenzione della spending review ammonta a circa un centinaio di miliardi di euro, diviso tra Stato, enti previdenziali, regioni ed enti locali. Se si guarda un po' più lontano la spesa sulla quale si può intervenire è di importi notevolmente più ampi, si può considerare almeno pari a circa trecento miliardi di euro''. E' quanto ha dichiarato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda.
Tranquilli, non succederà niente, si tratta di fare un po di “muina”, già la Commissione Giovannini ha gettato la spugna in merito alla possibile riduzione di indennità pubbliche (“perché è difficile reperire dati attendibili”). Allo stesso scopo è stato nominato (dal governo dei tecnici) il tecnico Enrico Bondi.
Non succederà nulla perché uno dei punti nodali da sciogliere per rimettere in ordine i conti in Italia (questo è quello che tutti vogliono, in Italia e in Europa) è indistricabile. Dipende dal vero potere, diffuso, che governa il Paese: dal bidello precario, al presidente della Repubblica, alla vasta economia “privata” che danza intorno alle casse pubbliche.
In fondo non sarebbe difficile risolvere il problema, basterebbe fare quello che si doveva fare appena adottato l’euro e firmati tutti i trattati che hanno vincolato il potere di decisione e di governo in questo Paese.
Bastava(e basterebbe) equiparare stipendi e prezzi delle commesse pubbliche ai livelli europei, quell’Europa che tanto è presa in considerazione dai nostri quando si tratta di rendere la vita difficile alla maggioranza della popolazione, ma che diventa terra lontana in fatto di responsabilità e di rigore delle classi dirigenti.
Il ritornello sulla crescita del debito pubblico non tiene conto che l’introduzione dell’euro nel 2001 ed ancor prima la firma dei trattati europei imponeva una revisione dell’organizzazione pubblica in fatto di addetti, compiti, controlli, spesa. In questi anni si è fatto il contrario di quanto era necessario e in  presenza di un sistema monetario e di finanza pubblica che non dipende più da decisioni interne scontiamo tutta la distanza che separa questo Paese dagli altri Stati europei.
Nulla di nuovo comunque, appare sempre più evidente che in questo Paese la vera storia può essere rappresentata da una lunga guerra tra il notabilato (oggi si dice “casta”) ed il resto dei cittadini. E’ dall’Unità d’Italia che viene avanti questo scontro, alimentato all’inizio da quella che sembrò (a torto o a ragione) come una occupazione, piuttosto che una liberazione. Dietro i vessilli dei piemontesi apparvero subito i faccendieri e i notabili, del nord e del sud, che seppero approfittare delle nuove occasioni di arricchimento. Un notabilato che mai ha dato prova di responsabilità e di rigore, sempre preoccupato di conservare, difendere e trasmettere il potere pubblico acquisito, minimo o ampio che fosse. E’ la vera “guerra civile latente” che caratterizza l’Italia da centocinquant’anni a questa parte.
Si metta in pace il ministro Giarda, la diminuzione della spesa pubblica richiede responsabilità ed esempio a partire da chi la impone e lui non la può imporre perché il notabilato che lo osserva da vicino (a partire dalla segreteria, dal gabinetto ministeriale, dall’usciere) non è disposto a rinunciare a nulla.
Non siamo mica in Francia (a proposito di Europa) dove Hollande ha già deciso per la riduzione al 30% delle indennità politiche, a partire dalla sua! Siamo in Italia dove i notabili, alla peggio, vanno in Tribunale a difendere i “diritti quesiti”….altro che globalizzazione e flessibilità, quella roba vale per gli altri.

domenica 20 maggio 2012

Verità vo cercando


Ancora oggi gli storici discutono se l’incendio di Roma fu veramente provocato da Nerone e se la verità ufficiale non ne nasconda altra. E’ il compito degli storici rivedere le verità acquisite e la storia, come scienza, per sua natura, deve essere disponibile al riesame delle fonti e alla ricerca di altre. Anche le scienze esatte devono molto alla capacità di studiosi di saper interpretare particolari prima trascurati o a valorizzare quello che il caso offre. L’intelligenza si nutre di curiosità senza arrestarsi di fronte ai santuari. Nemmeno la fede disdegna di confrontarsi con la razionalità e la ricerca scientifica.
Risulta così fuori luogo il disturbo che avvertono i tanti che di fronte ad avvenimenti deflagranti, davvero deflagranti come quello che è avvenuto a Brindisi, si scagliano contro le ipotesi che si rincorrono sulle vere matrici di un attentato del genere.
L’unica cosa certa è che il fatto ha connotazioni terroristiche: per le modalità, le circostanze, le conseguenze. Ciò basta, al momento, per far scattare il ricordo di avvenimenti nefasti del passato ed è del tutto ovvio rinvangare, da parte di tanti comuni cittadini o opinionisti, le tante connessioni spurie, le strane coincidenze, che hanno segnato quei fatti.
Che in Italia, per dire, ci siano stati avvenimenti inquadrabili nella cosiddetta “strategia della tensione” risulta, ormai, da inchieste giudiziarie, parlamentari e giornalistiche.
Non possiamo aspettare il Tg1 o altra fonte per poter affermare certe cose, basta voler apprendere quello che le diverse fonti offrono, con spirito laico raziocinante.
Rosario Priore (giudice istruttore a Roma per molti anni) si occupò del caso Moro, di Ustica, dell’attentato a Giovanni Paolo, in un suo libro di recente pubblicato afferma, tra l’altro“Ci sono verità che non ho mai potuto dire… Avrebbero potuto avere effetti destabilizzanti sugli equilibri interni e internazionali.” E poi: “Ancora oggi la dimensione internazionale dell’attività di Potere operaio, poi di Autonomia operaia e infine delle Brigate rosse è un argomento tabù. È un territorio che non dev’essere attraversato da viaggiatori troppo curiosi.” A proposito di Enrico Mattei e Aldo Moro:“Due omicidi ovviamente politici… La coincidenza è impressionante. Non dimentichiamo la lezione della storia: gli uomini politici capaci di iniziative davvero forti generano reazioni altrettanto forti.”
Prima di queste affermazioni ci sono ragionamenti, come è tipico di un magistrato di riconosciuto valore. Così tanti altri, giornalisti d’inchiesta, storici ed ancora magistrati.
Resta sempre una schiera di corifei del potere che rifuggono dall’accogliere, in senso laico, verità alternative basate su ricerche valide e condivise da esperti e studiosi della materia. Disturba tutto ciò che non abbia l’imprimatur della fonte ufficiale. Insomma se non lo dice Tg1 o Bruno Vespa o Faziofabio non è verità.
Così vanno le cose, come ai tempi dell’Ipse Dixit. Ancora oggi si tratta della confortevole, rassicurante,verità ufficiale: guai a chi pone dubbi!

sabato 12 maggio 2012

"Una risata ci seppellirà"


Senza rivoluzione restano le insorgenze, quelle reazioni “spontanee”, disorganizzate, incontrollate ed incontrollabili, col contorno magari (siamo in Italia) della provocazione controllata e del falso incidente. Giusto per fare “ammuina”.
Il disagio c’è, ormai è chiaro a tutti, anche ai benpensanti.
Salari e stipendi vengono decurtati per percentuali sempre più significative per sostenere tributi e servizi pubblici. Resta poco per il vivere civile, per passare da una vita greve ad una vita agiata e carica di speranze, in fondo anche questo è un indicatore di civiltà. Quando si arriva a livelli di tassazione che prendono oltre la metà dei redditi, insieme ad altre contribuzioni obbligatorie e si resta col portafogli magro per le proprie necessità, occorre dirlo, si vive male, soprattutto quando i redditi non sono sicuri, quando c’è crisi, quando si perde il lavoro che c’è. Di certo non viviamo nei paesi scandinavi ove l’alta tassazione si accompagna ad un livello di vita civile molto alto ed esteso a tutti i cittadini. Paesi dove, però, ministri e dirigenti pubblici vanno in bicicletta e fanno la spesa come i comuni cittadini.
Siamo in Italia e …zacchete già viene a galla la notizia di quel dirigente di Equitalia che sottotraccia ha interessi con l’immobiliare che acquisisce le case ipotecate ai debitori fiscali! Insomma anche nella tragedia la furbizia italiana non viene meno al suo protagonismo. Poi dice che aumentano i suicidi..che fastidio.
Sono anni che il concetto di casta, con i dati, gli esempi, i fatti che la caratterizzano, è di conoscenza comune, eppure nulla succede, nessuno rinuncia a qualcuno dei privilegi, dei superstipendi, delle commesse, dei finanziamenti. Non si tratta di moralismo, in momenti di crisi vale la forza dell’esempio, che dovrebbe manifestare chi guida vaste comunità. Il discorso vale anche in termini puramente economici, perché ormai anche i sacerdoti dell’economia europea, a partire da Draghi e da Monti, affermano che dopo le tasse occorre fare i tagli. Lo dicono loro, non i populisti (che orrore!).
E del resto che altro c’è da fare? Parlano un po tutti di crescita: quale? come?
Se le regole del commercio internazionale e le regolamentazioni comunitarie sono quelle e nessuno si sogna di modificarle, come si può immaginare di invertire il corso delle cose?
Se la politica non tiene conto del disagio di tanta gente e non mette in discussione le regole del gioco, come può pensare di guidare i processi sociali? Sono momenti in cui si dubita non solo della funzione politica ma della vitalità stessa della democrazia. Se i mercati impongono le proprie regole a danno di moltitudini estese che ne facciamo delle Costituzioni? Quanto è compatibile l’articolo 1 di quella italiana, che afferma il primato del lavoro, con l’accondiscendenza di parlamenti e dirigenze politiche a chi manovra leve finanziarie a scapito di produzione e reddito? E se questa è la situazione, perché meravigliarsi che un comico dice cose che altri ignorano o che la gente assalti i gabellieri ad alto reddito?
Prima dell’attentato a Umberto I ci fu la rivolta a Milano contro la tassa sul macinato (aumentò notevolmente il prezzo del pane), prima dei moti risorgimentali ci furono le sommosse per l’aumento del prezzo dei sigari. In America l’indipendenza ebbe la scintilla nella protesta per le imposte sul tè.
E’ nella storia nobile di ogni Paese un atto di disobbedienza fiscale (Stati Uniti, Francia, Inghilterra…) e solo la sordità delle classi dirigenti determina la fine dei regimi, con la particolarità per l’Italia che la fine potrà avvenire con le risate di un comico: come si sperava nel ’68…guarda un po!

domenica 6 maggio 2012

Famelici ed affamati


Insomma, è la fine anche per i “panzarottari” perché le direttive in materia di depurazione stanno per abbattersi anche sui loro furgoncini; altre normative, dovute ad una tecnocrazia di stampo psicotico che va a braccetto con gli interessi forti, toglieranno spazio agli ambulanti che lavorano nei mercati pubblici:“La direttiva Bolkestein prevede che tutti gli anni noi dovremmo restituire ai Comuni le concessioni acquistate, che poi saranno messe all’asta – spiega Giuseppe Occhiuto, Aval – ma questo significa che entreranno sul mercato la grande distribuzione e le Spa, mentre noi rimarremo senza lavoro. Tutti i sacrifici di una vita diventeranno carta straccia”.
Tra poco avremo franchising di note marche nei mercati all’aperto. E’ il progresso, non c’è spazio per i piccoli, gli autonomi, tutto deve essere controllato e dunque il sistema preferisce queste soluzioni. Saranno cancellati migliaia di posti di lavoro,insieme a migliaia di piccole imprese.
E uno poi dovrebbe tollerare, come normalmente i benpensanti tollerano, che il Mastropasqua, Presidente dell’Inps, viva collezionando incarichi a decine. Giulietto Chiesa le ha contate, vediamo: “vice-presidenze, inclusa Equitalia, la nota impresa cacciatrice di evasioni, anch'essa di fatto pubblica, poi Equitalia Nord, Equitalia Centro, Equitalia Sud. Dirigente di Italia Previdente, di Eur Spa, di Eur Tel, di Eur Congressi Roma, di Coni servizi Spa, di Autostrade per l'Italia, di Fandango, di Telecom Italia Media, di Quadrifoglio, di Telenergia, di Loquendo, di Aquadrome, Mediterranean Nautilus Italy, di ADR Engineering, di Consel, di Groma, di EMSA Servizi, di Telecontact Center, di Idea Fimit SGR”. Ovviamente si accoppiano bene e dunque  la moglie del nostro eroe controlla i conti della Rai, cioe' porta a casa un altro sontuoso stipendio e ulteriori gettoni di qualche altro consiglio di amministrazione.
Conclude Giulietto Chiesa”Penso a chi ha permesso tutto questo. A chi ha messo al vertice dell'Inps, cioè a tutela del lavoro di milioni e milioni di italiani, un manichino di questa fatta. Mastrapasqua e' il ritratto fedele di una classe dirigente. Da questa gente non potremo ricavare nulla di buono per noi.
Questi non sono riformabili, non sono emendabili, non sono nemmeno scusabili. Sono soltanto pericolosi. Vanno cacciati via. A forconate, se non c'e' altro modo.”.
Dispiace per i benpensanti, ma come controbattere alle parole di Chiesa?

giovedì 3 maggio 2012

Le coincidenze di Giulio

Coincidenze. Il malanno di Andreotti, detto il divo, viene in coincidenza con una vicenda di alto profilo, per i protagonisti e le istituzioni coinvolte. Si tratta della nomina del nuovo capo della Procura della repubblica di Napoli. La più importante, dicono, se non altro per il rilevante numero di magistrati che ne fanno parte. Le cronache parlano da mesi di una situazione intricata e complessa, vissuta nelle stanze del Consiglio Superiore della Magistratura, alimentata da correnti dei magistrati, esponenti laici con numerosi rinvii, sollecitazioni e contrasti che sempre accompagnano queste importanti nomine. Tutto scorre, niente di nuovo e ciò vale per i benpensanti che ritengono che ci sia sempre un’isola felice più in là, lontano dal brodo melenso in cui (inevitabilmente, per loro sfortuna) vivono. Insomma, si rassegnino, anche agli alti livelli succedono certe cose, come altre, come in questi giorni in cui tante certezze crollano (per i rispettivi tifosi delle diverse parti). Le cronache tratteggiano un clima da basso impero, con una mancanza clamorosa di idee e di iniziative per raddrizzare la barca per i milioni che arrancano e per un’economia che affonda. Eppure… le cronache ci dicono che l’italico istinto per la conservazione del proprio stato, individuale e familiare, sopravanza e via con i milioni sottratti alle case pubbliche, i diplomi acquistati, i posti di lavoro scambiati per i figli di lor signori. Lo facessero almeno con grazia, con stile, no, lo fanno male, con telefonate immancabilmente intercettate. Cosa grave: un magistrato con tanti anni di esperienza che cade sulle intercettazioni!!! In sintesi, uno dei candidati più autorevoli per la Procura di Napoli (Mancuso) viene azzoppato per l’invio al C.S.M di una comunicazione da parte di un magistrato di Palermo (Ingroia) perché da intercettazioni risulterebbe una richiesta del Mancuso ad esponenti politici di appoggiarlo per la nomina. Lo scandalo, cosa grave, è che la richiesta è avvenuta tramite un ufficiale dei carabinieri sotto indagine a Palermo per la “trattativa tra Stato e mafia”. Insomma ci si occupa delle grandi e delle piccole cose! Infatti gli addetti ai lavori discutono se era obbligatoria o meno la comunicazione partita da Palermo. Il bello che lega l’inizio con la fine di questa racconto è nelle parole della corrente di appartenenza del Mancuso:: "Se dovesse essere confermato - recita il documento - che il pm Paolo Mancuso avrebbe richiesto l'intervento a personaggi delle istituzioni, notoriamente indagati o imputati per fatti gravi, per ottenere l'appoggio di alcuni membri laici del Csm per la nomina a Procuratore della repubblica di Napoli, si sarebbe certamente di fronte ad una violazione del codice etico dei magistrati.”. Appunto, le raccomandazioni si possono chiedere, sono lecite, ma basta rivolgersi alle persone giuste e non a quelle incappate nelle intercettazioni! Occorre fare tesoro dell’autorevole suggerimento. Il divo Giulio, il Mazarino di Trastevere (del quale non ero tifoso) in un momento grave della sua vita, dal letto della rianimazione ove è steso, avrà sospirato per un attimo e contrito si sarà rammaricato di quanto poco ha insegnato e quanto poco hanno appreso, anche i suoi denigratori, in una carriera politica tanto lunga. Chissà quanti ne avrà raccomandati il Giulio in sessant’anni, tra operai e generali, impiegati e magistrati, e mai che sia uscita fuori una intercettazione, come chiamante o ricevente. Le sapeva fare, lui, certe cose, non come tanti, oggi, che vengono colti giorno dopo giorno con le mani nella marmellata. Sentire addosso il destino dell’eternità nella Roma dei papi e dei cesari, evidentemente influisce sui tempi, sui modi e produce soprattutto risultati certi, senza moine, magari accontentando tutti, un po prima, un po dopo. Si fossero rivolti a lui (avrà pensato, tra una flebo e un’altra), avrebbe risolto la pratica in fretta e con garbo e soprattutto con discrezione. Altro stile, indubbiamente.