Devo confessare che a me il Tremonti che parla da libero cittadino, o da intellettuale, piace. Ogni qual volta ha parlato o scritto in questi ultimi anni circa la natura della crisi economica e finanziaria mi sembra che abbia mostrato capacità di comprensione. Nel frattempo, tanto per riparare subito qualche rimprovero, gli altri esponenti politici parlavano di sciocchezze varie e fino a giugno di quest’orribile anno evitavano di trattare argomenti connessi al caos economico internazionale.
Detto questo, non capisco perché rimane inchiodato alla poltrona di ministro dell’Economia in presenza di un dibattito agostano che ha rasentato la sceneggiata e l’avanspettacolo.
Se molti, fino al deflagrare della crisi, avevano riconosciuto capacità dello stesso a mantenere in piedi la baracca e avevano pure avallato il primo provvedimento per affrontare la crisi (quello di luglio) non si comprende perché non abbia colto l’occasione di dimettersi di fronte alle giravolte degli alleati di governo, che anche in questi giorni ed ore, mostrano veramente l’incapacità di essere seri almeno in circostanze tragiche come quelle del presente economico.
Tutto è criticabile, ovviamente, e pure la contromanovra proposta da Bersani si è presa una grave insufficienza da parte di commentatori economici (tra gli altri, Tito Boeri su La Repubblica) ma almeno ci aveva provato Tremonti a proporre una qualche manovra credibile per i famigerati Mercati col decreto di inizio agosto…Ma a questo punto cosa ne rimane?
Senza entrare nei dettagli ,quello che sconvolge è lo scatenarsi delle categorie che si rimpallano il dovere di sopportare gli ulteriori sacrifici imposti dalla crisi. Medici e magistrati in prima linea a protestare, contributi pensionistici a questo e quel titolo che un giorno vengono cancellati e il giorno dopo vengono resuscitati, contributi straordinari che vengono ritagliati a misura di quel reddito o di quell’altro salvo riconvertirli in ulteriori misure per combattere l’evasione o in patrimoniali che compaiono e scompaiono da un giorno all’altro. Luigi Einaudi, economista e Presidente della Repubblica diceva che in materia economica si governa col decreto legge: immediatezza e immodificabilità delle decisioni (sapendo di rischiare la poltrona). Oggi invece di Einaudi abbiamo… Calderoli!!
Molto ci sarebbe da dire sul merito di queste traballanti scelte e sulle proteste di questa e di quella categoria, ma contano soprattutto qualche interrogativo e qualche riferimento. Il riferimento è alle parole più volte dette dal prof. Giuseppe De Rita che parla di “mucillagine sociale” a proposito dell’Italia: una "poltiglia", una società composta da tanti coriandoli che stanno l'uno accanto all'altro, ma non stanno insieme. Ecco, questo è quello che rimane di un Paese che non avendo più alcun potere di decidere sulle scelte fondamentali (avendole delegati ad altri) è ridotto allo scannatoio quotidiano, come per i topi in trappola.
L’interrogativo mi riporta all’inizio: ma chi glie lo fa fare a Tremonti di servire un capo del governo in evidente stato di insanità che si manifesta col voler essere piacione a tutti i costi? Perché servire un Bossi che con Calderoli ed altri non riescono nemmeno più a rappresentare quel ceto medio produttivo al quale si rifanno fin dalla fondazione della Lega?
E che altro dovremmo sperare per non finire con due piedi in Argentina o in Grecia?
Ma qui qualcuno ricorda ogni tanto che in Inghilterra e altrove hanno cominciato a tagliare gli stipendi pubblici e a licenziare? Pensano di fare fessi i banchieri europei con il gioco del tripolino tra le categorie, a colpi di contributi straordinari e di blocchi temporanei di aumenti contrattuali? Per di più con scene che nemmeno al Bagaglino di Pippo Franco si erano mai viste?
Una classe politica di irresponsabili per un Paese irriformabile. Altro che Scilipoti!
