sabato 30 ottobre 2010

Come il due di briscola

E come poteva il Berlusconi risolvere i problemi dell’Italia della II Repubblica? Il vizio d’origine della sua discesa in politica(l’essere straordinariamente ricco e autore di attività d’impresa) è stato coperto negli ultimi tempi dalla sfacciataggine con la quale mostra le sue devianze senili (per la verità, lui dice di sentirsi giovanile e di amare la bella vita) seguito da una scia di menestrelli ,tipici di una corte da Don Rodrigo.
Certamente si potrebbe continuare con queste ed altre parole….ma siamo seri, dipende solo da Lui?
“Fatta l’Italia faremo gli italiani” si diceva dopo l’unità nazionale del 1861 e molti si cimentarono con questo obiettivo con metodo ed impegno.
Si iniziò con la scuola, il sentimento nazionale, i valori forti della borghesia operosa e del socialismo umanitario. Il Libro “Cuore” di De Amicis spiega bene come si intendeva costruire l’italiano, cittadino del regno, solidale ma responsabile, virtuoso, padre di famiglia e figlio esemplare.
Il fascismo pose il libro ed il moschetto come riferimenti per una gioventù che doveva non solo prepararsi per le responsabilità della famiglia e del lavoro, ma che doveva prepararsi anche per avventure militari che rinnovassero le gesta degli antichi romani. Valori forti, tanto impegno e poi il tutto finì miseramente in una tragedia nella quali gli attori protagonisti erano altri.
Ancora si provò a formare l’italiano cittadino esemplare attraverso l’educazione impartita negli oratori e nelle sezioni di partito. Ognuno con la propria prospettiva di salvezza e di cambiamento profondo della società. Nell’epoca di don Camillo e Peppone, tra sgambetti e risse, si intravedeva ancora l’impegno ad educare giovani generazioni per una società più giusta e solidale.
Quali sono oggi i binari sui quali è condotto un impegno educativo? quali i valori? quale prospettiva di società è indicata per i cittadini di oggi e di domani?
Passano giorni e mesi dove l’incidente di turno capitato a questa o a quella personalità della politica alimenta il chiacchiericcio televisivo e giornalistico. Nulla succede. L’arte di scrollarsi di dosso la polvere appena caduta sulla giacca è oramai pratica comune.
Il dramma di questo Paese sta nella incapacità di avere persone, gruppi, classe dirigente, capaci di indicare una prospettiva, un progetto di società. Si ha la sensazione che le diatribe sulle sciagurate avventure di questo e di quel personaggio della politica servano soprattutto a coprire un vuoto. Il vuoto di proposta e di decisione dei governanti e degli oppositori, essendo oramai certi che anche loro sono consapevoli che le vere decisioni vengono assunte a livello internazionale o comunitario, ove sia detto per inciso, i nostri contano come il due di briscola.

martedì 26 ottobre 2010

Cadono le braccia


Pechino, 26 ott. (Apcom) - Se l'Europa unita ha superato, pur faticosamente, la crisi economica che si e' appena lasciata alle spalle, il merito va alla moneta unica, ha detto il Presidente della Repubblica Napolitano ai quadri del Partito Comunista cinese a Pechino. "Il disordine, e le competizioni perverse che hanno a lungo segnato le vicende monetarie europee, ci avrebbero esposti a colpi fatali: nella scorsa primavera abbiamo dovuto sventare la crisi dell'Euro con misure straordinarie, ma guai se non avessimo avuto l'Euro, la moneta unica, nella tempesta globale del 2008-2009".

domenica 24 ottobre 2010

Napoli non è una cartolina


A Napoli c’è chi ha realizzato la Tangenziale, un’opera imponente diretta a regolare il traffico di lunga percorrenza tra il sud e il nord della Città, con svincoli per alcune aree urbane e diramazioni con le autostrade preesistenti. Correvano gli anni ’60.
Bassolino, nonostante tutto, ha realizzato un sistema di metropolitana che ha eguali solo in città europee. Ci sono amministrazioni e generazioni politiche che lasciano qualcosa di concreto e utile nell’arco della loro attività.
Risulta difficile annotare qualcosa per la quale sarà ricordata il sindaco di Napoli Rosa Russo Jervolino.
Attenzione, è chiaro che la capacità di un’amministrazione non deve essere sottolineata solo nella realizzazione di opere pubbliche. Anzi, molte volte c’è sperpero di calcestruzzo ad uso degli amici. Gli esempi sono tanti. Molto può fare un’amministrazione nella organizzazione dei servizi sociali, dell’istruzione, dell’ambiente o del turismo, ma anche a voler vagliare i fatti relativamente a questi settori nulla di significativo viene alla mente in riferimento all’attività amministrativa dell’ultimo sindaco di Napoli, che pure ha governato per otto anni!
L’amministrazione della Jervolino, persona rispettabile per altro, è passata alle cronache per l’arresto di numerosi suoi esponenti in un solo giorno e il conseguente suicidio di un suo assessore. Altro non ricordiamo.
Quello che avviene a Terzigno, ma prima ancora ad Acerra…a Tufino… a Giugliano, mostra un volto della vicenda poco approfondito.
Pare che la città di Napoli, ormai da decenni ,abbia un rapporto di vassallaggio con il suo retroterra per cui ogni problema, prima di tutto quelli più degradanti, debba essere esportato in provincia.
Prima ancora del problema dei rifiuti, la città di Napoli ha esportato suoi abitanti in conseguenza del terremoto dell’80. L’emigrazione di cittadini napoletani è poi continuata in direzione dell’area a nord di Napoli, provocando ciò problemi di non facile soluzione.
Perché tutto questo? Perché Napoli non riesce a organizzare la soluzione dei suoi problemi all’interno dei suoi confini.
Sembra che l’interminabile, stantio, dibattito sulla visione urbanistica della Città debba concludersi sempre allo stesso modo: Napoli è una cartolina e non deve essere toccata.
Questa visione non è più proponibile perché causa guai immensi alla Provincia e alla stesa Città.
Occorre invertire la rotta e iniziare a pensare che tanti quartieri degradati di Napoli non hanno più nulla da offrire ai suoi abitanti e a i possibili turisti che si avvicinano alla Città. Ci sono interi quartieri di città europee, e che tanti italiani visitano, che sono stati costruiti da zero dopo i devastanti bombardamenti della II guerra mondiale. Distinguere tra i pochi palazzi preesistenti e i palazzi ricostruiti risulta difficile.
I quartieri Spagnoli, sui quali si dibatte da almeno un secolo, tranne pochi edifici, sono il simbolo della rovina edilizia e umana di Napoli. Abbatterli per ricostruire un quartiere efficiente e architettonicamente compatibile con via Toledo sarebbe cosa meritoria.
La politica dovrebbe dare risposte convincenti in questa direzione.

domenica 17 ottobre 2010

Letture inquietanti



In queste domeniche liturgiche si legge di Amalec, un personaggio raccontato nell’Esodo, dalla Bibbia:”…….Ma le mani di Mosè si facevano pesanti. Allora essi presero una pietra, gliela posero sotto ed egli si sedette; Aaronne e Cur gli tenevano le mani alzate, uno da una parte e l'altro dall'altra. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. E Giosuè sconfisse Amalec e la sua gente passandoli a fil di spada.”
Il sacerdote non dà alcuna spiegazione di quanto letto, passa direttamente al Vangelo o alle lettere di San Paolo.
In realtà il racconto che riguarda Amalec continua: “Il SIGNORE disse a Mosè: «Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa sapere a Giosuè che io cancellerò interamente sotto il cielo la memoria di Amalec».Allora Mosè costruì un altare che chiamò «il SIGNORE è la mia bandiera»; e disse:
«Una mano s'è alzata contro il trono del SIGNORE, perciò il SIGNORE farà guerra ad Amalec di generazione in generazione».
E’ davvero difficile districarsi in queste letture e non accorgersi della diversità di contenuto tra i primi libri del Vecchio Testamento e la assoluta novità del Nuovo, con i Vangeli.
Roba per vecchiette?
Mica tanto, la storia dell’Occidente si è sviluppata anche intorno alla interpretazione da dare a questi scritti. In fondo tutte le riforme religiose sono caratterizzate da una accentuata volontà di ritorno al Vecchio Testamento relegando la figura di Cristo a quello di uno tra i profeti. Da ultimo c’è chi lo valuta solo come “esempio etico” (Vito Mancuso) altri sono affascinati proprio dalle figure forti di Mosè ed altri (Corrado Augias) non considerando importanti tutti gli avvertimenti sulla necessità di una interpretazione simbolica per tanta parte del Vecchio Testamento, come proposto nei secoli dalla Chiesa di Roma.
Quanta politica e quanta economia viene influenzata da chi pone le proprie radici in quel contesto di guerre, stermini e maledizioni perenni di popoli e di uomini?
E come non accorgersi che quei sentimenti, quella cultura, pesa in maniera significativa nel Mondo presente?

mercoledì 13 ottobre 2010

Bobo sax lascia a desiderare



C'è qualcosa che non torna nel funzionamento dei controlli di polizia e nella gestione del ministero dell'Interno. Quello che si è visto a Genova con i "tifosi" serbi si spiega con l'incredibile situazione in cui si è trovato lo stesso Maroni alla festa della Lega poche settimane fà. Se il ministro della polizia viene circondato da centinaia di tifosi in "casa sua" vuol dire che siamo messi proprio male. Eguali situazioni si sono verificate alla festa del Pd a Torino. Casualità? sciatteria? o c'è altro?

lunedì 11 ottobre 2010

Morire per Kabul


“E' stato probabilmente un cocktail di anfetamine e ketamina, insieme all'alcol, a uccidere un ragazzo di 19 anni di Carpi (Modena) raccolto sabato notte dal 118 davanti ad un locale in via Mattei, alla periferia di Bologna.”
Notizie come queste vengono diffuse dai mezzi di comunicazione senza particolare clamore, sono ormai considerate di ordinaria quotidianità. Fanno il paio notizie ricorrenti di omicidi, suicidi, in ambiti familiari, a volte comprensive di vicende turpi come nel caso di Avetrana, in Puglia.
Ogni fatto avrà i suoi particolari, da valutare e approfondire, tuttavia le vicende che ci vengono narrate inducono a qualche riflessione e dovrebbero mettere in allarme un po’ tutti, se proprio non vogliamo abituarci a scenari da fantaromanzo o cinema di fantascienza ( “La macchina del tempo?”, forse).
Sembra che tutto concorra a ritenere privo di significato il concetto stesso di vita e che tutti concorrano a organizzare la società come un qualcosa in cui l’individuo resti tale, ora che forti passioni sono venute meno e non vi è traccia di progetti che vadano oltre le scadenze prossime.
Ciò che distingue il senso della vita oggi rispetto a qualche generazione fa è la mancanza di una visione che possa impiegare le persone per le prossime generazioni, a partire dai giovani. Venute meno le grandi ideologie con i loro apparati, i loro progetti sociali, venute meno in seguito alle diverse contingenze storiche, rimane un limaccioso pensiero debole che nulla può rispetto all’ideologia del profitto che pervade il mondo occidentale.
La scuola che si offre ai giovani è quella che già li indirizza verso percorsi di estrema concorrenza e non certamente quella che indica esperienze ed esempi di vita che possano essere utili innanzitutto per i cittadini adulti.
I mezzi di comunicazione, a partire da quelli che entrano nelle case, fanno a gara nel raccontare tutto quello che è utile per ottenere cittadini privi di senso della comunità e mostrano come possibile, a ciascuno, l’ottenimento di ogni piacere di questo mondo (basta volerlo!) senza alcuna connessione con i limiti che i giovani dovrebbero avvertire tra quello che essi sognano e quello che è possibile (per le condizioni economiche, per il contesto ambientale e familiare).
Consegue da tutto questo il pauroso senso del vuoto che prende chi, prima o poi, a 19 anni a Carpi o a 56 anni ad Avetrana, non riesce a rimanere al di quà dell’irreparabile, che sia il privarsi della vita o porre fine a quella di altri.
Se queste sono le condizioni che accompagnano la vita di tanti, la politica non offre soluzioni, arranca rispetto a vuoti slogan capaci di mobilitare ancora qualche interessato per il prossimo turno elettorale ma incapace di far nascere passioni collettive e indicare percorsi per cui tanti, a partite dai giovani, possano dare un senso alla vita.
Dopo la morte di quattro alpini in Afghanistan il ministro La Russa e Piero Fassino si sono detti d’accordo sulla decisione di dotare gli aerei lì presenti con le bombe.
Stravolgendo ancor di più i limiti dell’art. 11 della Costituzione, i nostri burocrati della politica sono incapaci di riflettere sulle ragioni e sulle difficoltà di una guerra. I nostri politici dovrebbero riflettere sul fatto che le guerre hanno bisogno dell’arma più potente: il consenso della popolazione; non bastano bombe e soldati di professione per annientare un popolo, per quanto povero e disorganizzato, se nelle retrovie c’è il vuoto di Carpi ed Avetrana.

venerdì 8 ottobre 2010

Le Vite degli Altri.



Un segnale tipico della decadenza delle civiltà o di un ordinamento umano organizzato è rappresentato dalla mancanza del senso del limite. In fondo tutta la civiltà occidentale, come la conosciamo, è caratterizzata dalla coscienza di questo elemento. In questi giorni si evidenzia soprattutto questo: l'incapacità di fermarsi prima dell'irreparabile.

martedì 5 ottobre 2010

Churchill........Fini, Veltroni ed altri


Mentre il Fondo internazionale sottolinea l’eccessivo debito pubblico e la Commissione europea accentra sempre di più poteri che prima erano propri delle singole nazioni, in Italia si parla delle barzellette di Berlusconi e della casa di Fini. La distanza tra la classe politica e in generale della classe dirigente di questo Paese con la vita reale si allarga sempre di più. Problemi antichi si associano a drammi della modernità. La spazzatura ricompare di nuovo a Napoli e ritornano le solite diatribe su discariche, termovalorizzatori e raccolta differenziata.
Una classe dirigente seria e leaders capaci emergono nei momenti di necessità. Qui non abbiamo, per dire, Churchill a disposizione, ognuno pensa a campare e a garantire che tutti si galleggi in una situazione che non è certamente rosea. L’informazione trascura realtà ormai diffuse e propina, scaramucce, litigi, offese reciproche, emozioni. L’ultima emozione è quella che propone un pericolo di attentati: non si capisce come emerge il pericolo, chi lo provoca, da dove nasce il messaggio di pericolo. Tutto va bene pur di tenere calma la popolazione.
In un paese serio si sarebbe capaci di mettersi intorno a un tavolo per prendere atto che la spesa pubblica è eccessiva ed occorre una riduzione della più sfacciate retribuzioni e di una riparametrazione di tutte quelle proprie del settore pubblico allargato. In Messico il Presidente della Repubblica, iniziando dalla sua indennità, ha affrontato questo discorso già da un anno.
In un Paese serio si troverebbe il modo di impegnarsi con uomini capaci per la costruzione di un’isola artificiale al largo dei 30 chilometri di costa della sola città di Napoli per costruire un termovalorizzatore, annullando ogni protesta. In Giappone sulle isole artificiali ci fanno aeroporti, a Dubai ci costruiscono città.
In un Paese serio si rimediterebbe sulla opportunità di tenere diecimila militari e relativi mezzi, con i loro costi, in aree lontane, quando già altri Paesi pensano di traslocare; tanto più che in Italia abbiamo una guerra ogni anno, tra terremoti, disastri vari e frane.
In una Paese serio si chiuderebbe il rubinetto dei soldi pubblici per costruire capannoni che non servono a niente e si abbasserebbero le aliquote fiscali per quelli che veramente vogliono investire.
In un Paese serio si fanno tante cose, da noi no. Da noi tocca ascoltare l’ultima emozione di Veltroni, le barzellette di Berlusconi e le vacuità di Fini, del resto si è ormai consapevoli, loro per primi, che di cose serie non sono più competenti; le cose serie le decidono altrove.

venerdì 1 ottobre 2010

Edmondo Berselli


Edmondo Berselli, era stato direttore de “Il Mulino”, rivista ed associazione bolognese, fondate negli anni ’50, sicuramente uno dei centri di pensiero più qualificati in Italia.
In quella Rivista e in quell’Associazione hanno vissuto e vivono intellettuali importanti, professori e giornalisti di spessore e notorietà. Berselli era qualcosa di diverso, intanto perché capace di ragionare, di discutere, di cose profondamente diverse. Ha scritto di Mario Corso, della grande Inter( “Il più mancino dei tiri”) di cucina, di sociologia, di politica, nonché della musica dei suoi amici (a partire da Guccini). Qualcosa lo distingueva tra i tanti che affollano giornali e televisioni, non solo la capacità di parlare e scrivere con leggerezza di cose”futili” e di cose “serie”. Aveva la capacità di far emergere le verità nascoste dell’essere italiani e dell’Italia come nazione e come popolo, al contrario di tanti, di troppi, che si trincerano nei rispettivi fronti senza nulla aggiungere alla reale comprensione dei fatti. Diciamo pure che a Berselli i fatti non interessavano in quanto tali, in quanto parte della realtà quotidiana, ma come segnali di certi percorsi che si avviano, di tendenze che saranno capaci di mutare la realtà che oggi vediamo. Nel chiacchiericcio quotidiano era capace di distinguersi per saper leggere i fatti oltre le veline delle fonti ufficiali e con coraggio indicava percorsi non naturalmente accettabili da parte delle intelligenze venerate, che pure conosceva (Il Mulino, tra tante). Da ultimo aveva scritto : “Venerati maestri, operetta morale sugli intelligenti d'Italia” e “L’economia giusta”. Già dai titoli si coglie l’originalità del pensiero di Berselli in un mondo (soprattutto quello in cui viveva) dominato dal conformismo e dall’opportunismo.
Dice Prodi, ricordando l’amico Berselli,:”Quando ho cominciato i miei studi economici la differenza salariale tra un operaio e un amministratore delegato era di quaranta a uno, quando lo segnalavi c'era uno scatto di indignazione. Ora è di quattrocento a uno e non scatta più nessuno. Agli inizi degli anni '90, scrive Berselli, uscirono in contemporanea il libro di Michel Albert Capitalismo contro capitalismo e un mio saggio intitolato C'è un posto per l'Italia fra i due capitalismi? A distanza, indicavamo come alternativa al modello americano l'economia sociale di mercato, il modello renano, costruito sul dialogo, l'equilibrio tra aziende e governo nazionale e regionale, la partecipazione dei lavoratori alle imprese. Ma a riscrivere le stesse cose dieci anni dopo io e Albert saremmo stati completamente emarginati. Il milieu economico era tutto da un'altra parte. Per tutti c'era solo il mercato e basta. Chi sosteneva l'opposto era considerato un romantico, nella migliore delle ipotesi. Se parlavi di intervento pubblico in economia finivi crocifisso sui giornali e nei convegni. Era questo il "pensiero unico".La crisi ha fatto cambiare idea a molti.”
Se Romano dice questo di Edmondo conviene leggerlo.